Ricorrerà alla corte di Cassazione Antonio Riano, il fioraio di Pianura condannato lo scorso mese di aprile per l’omicidio dei coniugi melitesi, Luigi Simeone e Immacolata Assisi, uccisi in una cava di via Ripuaria per questioni economiche legate all’acquisto dell’appartamento della coppia di via Appia, al crocevia tra i comuni di Melito, Giugliano e Sant’Antimo.
Il ricorso al terzo grado di giudizio arriva in maniera del tutto inaspettata. Riano, condannato a 30 anni di carcere, poco prima della sentenza in secondo grado, prese la parola e ammise tutti gli addebiti a suo carico, riuscendo ad evitare l’ergastolo.
Le prove contro Antonio Riano sono schiaccianti. Riano non aveva i mezzi economici per potersi permettere di portare a termine la contrattazione. Le insistenze della sua fidanzata (da qui il movente passionale, ndr) lo avrebbe portato in un vortice di errori e bugie che lo hanno portato alla condanna. Il fioraio, nell’aprile del 2015, chiese ai due di incontrarsi nella cava giuglianese. Lì poi furono ritrovati i corpi senza vita dei coniugi, li raggiunse nel taxi della vittima ed esplose i colpi inscenando un tentativo di rapina finita male. Inutili i tentativi di costruirsi gli alibi. Determinanti sono state le prove acquisite anche tramite perquisizione domiciliare dell’imputato: uno scontrino e una busta di spumante, probabilmente per festeggiare con la compagna l’avvenuto acquisto (fittizio) dell’appartamento sull’Appia.