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Messina Denaro l’ultimo super boss della ‘vecchia Cosa Nostra’: alleato dei Corleonesi Riina e Provenzano

Messina Denaro l'ultimo super boss della 'vecchia Cosa Nostra': alleato dei Corleonesi Riina e Provenzano
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In trent’anni sono stati arrestati tutti i padrini dei Corloneosi, la terribile cosca mafiosa che attaccò frontalmente lo Stato italiano a suon di attentanti e stragi. Il superlatitanti di mafia hanno in Comune una cosa: essere stati arrestati in Sicilia.  Tutto iniziò il 15 gennaio del 1993 quando venne catturato Salvatore Riina a Palermo. Il primo passo della offensiva dello Stato contro Cosa nostra dopo le stragi del ’92 in cui caddero i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino assieme agli agenti di scorta.

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L’ARRESTO DI TOTO’ RIINA

Quel giorno i carabinieri intercettarono l’auto del Capo dei Capi appena uscita dal residence di via Bernini in cui viveva da tempo con la famiglia. L’operazione fu condotta dal gruppo guidato dal Capitano Ultimo; con loro il pentito Baldassare Di Maggio che riconosce Salvatore Biondino e Totò Riina a bordo di una Citroen ZX.

Riina, seduto sul sedile passeggero dell’utilitaria guidata da Salvatore Biondino, viene bloccato intorno alle 8,30 sulla rotonda di via Leonardo da Vinci, quando l’auto ha appena superato il motel Agip. Il capitano Ultimo aprì lo sportello: “Riina, lei è catturato per mano dei carabinieri”. Lo stesso giorno si insediava a Palermo il nuovo Procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli.

LA CATTURA DI BERNARDO PROVENZANO

Bernardo Provenzano, invece, venne arrestato dopo una latitanza di 43 anni l’11 aprile del 2006 in una masseria di Corleone, a poca distanza dall’abitazione dei suoi familiari. Un braccio attraverso una porta che raccoglie un pacco di biancheria pulita su cui i ‘segugi’ della polizia avevano messo gli occhi fin da quando era uscito da una casa di Corleone, non una abitazione qualsiasi, ma quella dove vive la moglie di Bernardo Provenzano.

E’ quel braccio a far scattare l’ operazione che ha messo fine alla latitanza del numero uno di Cosa Nostra, imprendibile da 43 anni. Le fasi finali della cattura del boss sono state ricostruite al Viminale nel corso di una conferenza stampa dal procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, dal questore di Palermo, Giuseppe Caruso, dal pm della Dda palermitana, Michele Prestipino, dal direttore della Dac, Nicola Cavaliere. ”Il ragionevole convincimento che in quel casolare ci fosse una persona – ha raccontato Prestipino – e che quella persona fosse Provenzano l’ abbiamo avuta soltanto questa mattina intorno alle 9.30-10”.

A mettere gli investigatori sulla pista giusta, non sono stati tanto i ‘pizzini’, ha sottolineato, ”quanto i sacchetti provenienti dalla casa dei familiari, il cui percorso e’ stato seguito da una casa all’ altra grazie a telecamere piazzate a chilometri di distanza ed al sacrificio del personale della polizia”. ”Il plico con la biancheria pulita – ha spiegato da parte sua il questore di Palermo – e’ partito da casa della moglie a Corleone”.

L’ARRESTO DI ‘U SICCU

Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Matteo Messina Denaro è stato arrestato all’interno della clinica privata La Maddalena di Palermo, dove era in cura da oltre un anno.

Dopo il blitz nella clinica a Palermo, l’ormai ex superlatitante Matteo Messina Denaro è stato trasferito in una località segreta. Denaro, a quanto si apprende da fonti investigative, faceva periodicamente controlli in quella struttura, che la scorsa notte durante il blitz del Ros era stata messa in sicurezza con diverse decine di uomini per tutelare tutti gli altri pazienti. Quando è stato arrestato, Messina Denaro non era allettato ma si stava facendo i controlli. Messina Denaro è figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano, Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina.

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