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«Mirko riuscì a scappare ma fu raggiunto a piedi dal killer», il retroscena sull’omicidio di Melito

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L’omicidio di Mirko Romano rappresenta, per molti, lo spartiacque nella storia recente degli Scissionisti e uno dei fattori che portarono poi all’isolamento di Mariano Riccio, genero di Cesare Pagano e indicato come il mandante di quel delitto. Mirko Romano, dopo un periodo in cui aveva goduto dei favori del reggente, aveva gradualmente deteriorarsi il suo rapporto con Mariano Riccio e con Carmine Cerrato. La sua aperta critica alla gestione dei vertici del clan, la capacità di assumere decisioni in autonomia e soprattutto il prestigio di cui godeva verso numerosi affiliati, lo rendevano in breve “poco affidabile” e quindi pericoloso. Riccio e Cerrato decretavano così la morte di Romano, incarico eseguito da Francesco Paolo Russo, allora killer emergente, di cui Romano si fidava. Fondamentali per ricostruire quel delitto sono state proprio le parole ai magistrati di Carmine Cerrato ‘Taekendò’:

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«Poiché Mariano stava a Giugliano la strada che fece Russo fu l’asse mediano, e  ad un certo punto, mentre guidava, rallentò, si rivolse con un revolver verso Mirko e gli sparò quattro o cinque colpi, ma Mirko non venne attinto mortalmente, riusci a scappare dalla macchina. Russo dovette scendere ed inseguirlo e nell’inseguimento Mirko cadde a terra e così Russo riuscì, con l’altro revolver, a fìnirlo. Il corpo di Mirko rimase dove fu ucciso da Russo e dove fu poi rinvenuto, nei pressi del cimitero di Melito. Tutto questo accadde la sera del 2 dicembre. Russo va a posare la macchina in un garage»

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