Volevano evitare le manette usando nomi di donna, ma la paranza dei pusher di Marano ha sottovalutato le deduzioni investigative delle forze dell’ordine. Spesso il gruppo utilizzava, oltre al classico linguaggio criptico usato nelle conversazioni per depistare le indagini, di utenze intestate a persone straniere e dedicate solamente a contattarsi tramite sms, escludendo contatti con utenze “pulite” come, ad esempio, quelle usate dai loro familiari.
Così facendo gli indagati hanno tentato di evitare la loro identificazione e fuorviare eventuali indagini, ma Marcello Tipaldi è stato riconosciuto con il soprannome Mery mentre Vittorio Raiola per la rete di spacciatori era Vera.
Nomi in codice Mery e Vera
Il 23 marzo 2020 nei pressi di panificio in via San Rocco una pattuglia
della Sezione Radiomobile dei carabinieri di Marano controllava Tipaldi, proprio in contemporanea si intercettavano alcuni sms, decisamente sgrammaticati, nei quali Mariano D’Ambrosio avvisava Pasquale Emanuele Esposito che i militari avevano fermato a Mery nei pressi dell’attività panificazione: “An fermat a Mery fuori P“.
Dunque tutti gli indagati si riferivano a Raiola telefonicamente solo con i soprannomi Vera, Parente, Fratello Grande, mentre nelle intercettazioni ambientali, sentendosi più sicuri, lo chiamavano col suo nome di battesimo Vittorio.
“Fammi parlare con vera”
Michele Tessier, uno degli spacciatori dell’organizzazione, chiedeva al suo “superiore diretto” Luigi Cesaro di poter parlare con Vera specificando l’urgenza della
questione in quanto se non ci avesse parlato sarebbe stato picchiato “là in miezz” cioè in in una piazza di spaccio situata nei pressi di un liceo a Marano.
Cesaro cercava di rassicurare Tessier dicendo che solo lui poteva “ammazzarlo” e lo invitava a scendere a lavoro. Ma il pusher preoccupato, ribadiva che non poteva scendere se prima non avesse parlato con Vera ciò emerge anche dagli sms dai quali si comprendeva che Tessier era angosciato dalla situazione: “O fra prima di farmi scendere fammi parlare con Vera è urgente se no non posso“.
Il blitz contro la paranza: ‘Mesate’ agli affiliati per lo spaccio
I Carabinieri della Compagnia di Marano hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale di Napoli – Sezione Riesame in seguito ad appello proposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 18 persone (di cui 11 sottoposte alla misura della custodia in carcere e 7 a quella degli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti nonché di detenzione, a fine di spaccio, di droga. Restano da arrestare altre persone che sono attivamente ricercate.
L’ordinanza cautelare è divenuta definitiva in seguito al rigetto dei ricorsi degli indagati da parte della Corte di Cassazione. L’organizzazione in questione era operativa sul territorio di Marano e zone limitrofe, distribuendo lo stupefacente in diversi comuni campani e retribuendo mensilmente i vari affiliati con le “mesate” per l’attività di spaccio svolta sulle singole piazze.