Home Cronaca Omicidio del boss Reale, la Cassazione ‘salva’ il ras dei Mazzarella

Omicidio del boss Reale, la Cassazione ‘salva’ il ras dei Mazzarella

PUBBLICITÀ

La palla passa nuovamente al Riesame. Per la terza volta. Sarà questo il futuro prossimo venturo per Gesualdo Sartori, ras del clan Mazzarella, imputato per l’omicidio del boss di Pazzigno Patrizio Reale. Omicidio che ha già visto condannati in primo grado i ‘colonnelli’ dei D’Amico-Mazzarella. Diverso l’iter per Sartori (indicato da numerosi pentiti come il demiurgo del recente accordo tra gli stessi Mazzarella e i De Micco di Ponticelli) che all’epoca era minorenne. Quando fu eseguita l’ordinanza del gip nei suoi confronti il suo legale, l’avvocato Leopoldo Perone si vide annullare il provvedimento al Riesame. Contro tale decisione il pubblico ministero presentò ricorso ma la Cassazione annullò con il ‘ritorno’ della decisione al Riesame che cambia la sua decisione con un’ordinanza di custodia cautelare. Contro questo provvedimento il legale però presenta un’ulteriore ricorso e ieri la Cassazione ha annullato nuovamente con un terzo ‘ritorno’ al tribunale della libertà. Secondo la ricostruzione di Umberto D’Amico, e di quella di altri collaboratori di giustizia i ‘Gennarella’ (soprannome con cui vengono identificati i D’Amico di San Giovanni a Teduccio) penetrarono nel cortile di un palazzo sicuri di trovare ‘Patriziotto’ che fu colpito a morte mentre un altro affiliato che era in sua compagnia, Giovanni Nocerino, rimase ferito. Un omicidio che rappresentò uno dei momenti più cruenti della lunga guerra tra i due schieramenti, nemici da sempre.

PUBBLICITÀ

Le dichiarazioni di Umberto D’Amico

D’Amico ha raccontato ai magistrati come andò quel giorno e chi erano i componenti del commando spiegando che in quell’occasione ebbe il ruolo di ‘staffetta’:«Ho commesso l’omicidio di Patrizio Reale con il ruolo di staffetta nel 2009. I mandanti sono mio padre Luigi, mio zio Salvatore, e mio zio Gennaro. Esecutori materiale Gesualdo Sartori e Armando De Maio. Ciro Ciriello ha fatto da staffetta come me. A sparare è stato Armando. Il motorino lo abbiamo bruciato a Marigliano. La pistola l’ho buttata abbascia a Marina, dove sta Porto Fiorito. Era una 38 special. lo ero sulla mia macchina Classe B dorata insieme a Ciriello Ciro. Gesualdo e Armando erano su uno scooter, SH nero rubato. Gesualdo alla guida e Armando dietro. A sparare è stato Armando. Il motorino Io hanno bruciato Armando e Gennaro. La pistola l’ho buttata io. Per quanto riguarda la decisione, eravamo a tavola a casa di mio zio Gennaro, io, i miei zii Salvatore e Gennaro.Improta Gennaro, mio padre, Sartori. Avevamo saputo che Patrizio Reale ci voleva uccidere e che spacciava in casa. Con la scusa di comprare l’erba avevamo deciso di ucciderlo in casa. Mandammo Sartori a comprare la droga e lui gli apriva. Dopo tre o quattro volte, abbiamo mandato Gesualdo Sartori con Armando De Maio per l’omicidio. Siamo arrivati presso l’abitazione di Patrizio Reale, sotto la quale c’è un circoletto all’interno dì un cancello. Io e Ciriello ci siamo fermati fuori. Gesualdo e Armando sono entrati, hanno sparato e sono taciti. Lo li abbiamo aspettati e li abbiamo seguiti fino a Pontecitra dove abita Armando. Abbiamo deciso di mandare Armando De Maio perché venendo da fuori era più facile che non fosse preso dalla Polizia». 

Il ruolo di Sartori

Secondo il racconto di ‘o lion Sartori fece la ‘filata’ indicando ai killer l’obiettivo: «Io, Sartori e Ciriello siamo andati a via Marina e abbiamo preso la barca del cognato di Sartori, Abramo Presutto, e siamo andati vicino all’antimurale a gettare la calibro 38. La 7,65 ce la siamo riportata perché non era stata utilizzata. Dopo siamo tornati a casa dove ci aspettavano mio zio Salvatore, mio zio Gennaro e mio padre Luigi con Gennaro Improta. Volevano sapere com’era andato l’omicidio e Gesualdo spiegò che Patrizio Reale era stato colpito con colpi al petto, cinque colpi, e si era accasciato sul divano. Disse che erano presenti Celentano e il figlio di Patrizio Reale». In un passaggio successivo Umberto D’Amico ha poi rivelato ai pm della Dda il compenso che il clan avrebbe dato ai sicari: «Per questo omicidio Gesualdo e De Maio ebbero 3.000 euro a testa e in più Armando una pistola da mio padre come regalo, una 357. Gesualdo usò i soldi per pagare una multa del motorino che gli era stato sequestrato e se lo riprese. A me mio padre dava sempre soldi e per questo motivo non ebbi niente per l’omicidio. È stato il mio primo omicidio. Dopo l’omicidio di Patrizio Reale il clan Reale era sfasciato e noi ci prendemmo anche le piazze».

PUBBLICITÀ
Exit mobile version