Ieri sera Pietro Ligato si è tolto la vita nel carcere di Secondigliano inserendo la testa in alcune buste e respirando anidride carbonica Gli agenti di Polizia penitenziaria e il personale sanitario hanno provato invano a rianimare il 52enne nella sua cella di sicurezza.
Il neo pentito è stato capo dell’omonimo clan egemone nella zona di Pignataro Maggiore. È il ventisettesimo caso di suicidio in carcere in Italia nel 2025 il terzo in Campania di cui due a Poggioreale a cui ne andrebbe aggiunto un quarto avvenuto nella REMS di San Nicola Baronia agli inizi dello scorso gennaio.
Il 52enne di Pignataro Maggiore era figlio di Maria Giuseppa Lubrano, sorella del boss Vincenzo Lubrano, e di Raffaele, boss referente dei Casalesi. Alcune settimane fa Ligato iniziò il suo percorso di collaborazione con la giustizia. La famiglia Lubrano è legata con il clan Nuvoletta di Marano.
L’alleanza tra i clan Ligato e Lubrano
Il clan Ligato è l’alleato clan Lubrano operanti nei territori di Pignataro Maggiore e Pastorano, risultano storicamente federati alla fazione Schiavone del cartello dei Casalesi che estende, in tal modo, la propria sfera di influenza ed il controllo delle attività illecite ad altri Comuni della provincia di Caserta.
L’arresto di Pietro Ligato: articolo gennaio 2023
Nel gennaio del 2023 le misure cautelari in carcere per Pietro, Antonio e Felicia Ligato furono eseguite dai carabinieri nell’ambito di un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Indagine che disvelò la piena operatività dello storico clan da sempre attivo nella zona di Pignataro Maggiore definita la Svizzera del clan. I tre sono figli del capoclan defunto della camorra casertana Raffaele Ligato.
Un clan che si sarebbe ricostruito intorno alla figura di Pietro Ligato, che dopo la scarcerazione avvenuta anno prima, riprese in mano le redini della cosca fondata dal padre. L’ex boss avrebbe iniziato a battere il territorio per le estorsioni e a minacciare eventuali concorrenti che volessero occupare lo “spazio criminale”.