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Racket per i Casalesi sul litorale, il processo entra nel vivo: sono di Giugliano, Villaricca e Castel Volturno

Casalesi alla sbarra
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Nuovi Casalesi alla sbarra, si tratta di 5 soggetti finiti in manette in un blitz effettuato dai carabinieri nel luglio del 2020. Chiesto il rito abbreviato del 41enne Francesco Barbato, il 39enne Francesco Sagliano, entrambi di Giugliano, del 50enne Antonio Cacciapuoti di Villaricca, del 49enne Pasquale Musciarella e del 34enne Giovanni Arillo, quest’ultimi provenienti da Castel Volturno.

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Le accuse

Sono ritenuti responsabili di tentata estorsione in concorso mediante l’utilizzo di armi, con l’aggravante del metodo mafioso. La prossima udienza davanti alla XXIII sez. Gip del tribunale di Napoli presieduta dal dott. Antonio Baldassarre, per la requisitoria del Pm – dott.ssa Graziella Arlomede – e la discussione della parte civile, è stata fissata al 24 maggio. Mentre il 22 giugno è prevista la discussione dei difensori (collegio composto dagli avvocati Luigi Poziello, Ferdinando Letizia, Alberto Mazziotti, Finizio Di Tommaso, Carmela Maisto, Giuseppe De Gregorio).

Il processo ai presunti Casalesi

Sono accusati di racket nei confronti di un imprenditore del litorale Domitio. In una circostanza, addirittura lo avrebbero percosso e minacciato tramite l’esibizione di una pistola. Palesarono al contempo l’appartenenza al Clan dei Casalesi – fazione Bidognetti. L’attività investigativa, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha fatto emergere un singolare sistema delittuoso.

“Casalesi – fazione Bidognetti”

Nel dettaglio emergeva che l’imprenditore era preventivamente avvicinato da Arillo Giovanni, elettricista del posto. Questi, nel corso di un incontro, lo aveva chiaramente intimorito, palesandogli la presenza in quell’area territoriale di un violento gruppo di soggetti indicati come “Casalesi – fazione Bidognetti”.  Veniva esplicitato inoltre che costoro fossero intenti a riscuotere i ratei estorsivi nelle zone di egemonia. Pertanto, di certo, si sarebbero fatti vivi anche presso l’attività dallo stesso gestita. Come preannunciato, difatti, il gruppo più volte si presentava presso l’azienda in questione. In seguito all’opposizione offerta dalla “vittima”, infine aveva proceduto ad una spedizione punitiva che si era conclusa con il violento pestaggio dell’imprenditore.

 

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