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Racket e camorra negli appalti degli ospedali di Napoli, chiesta la stangata anche in Appello

Le mani dei Cimmino sugli ospedali, arriva la stangata per il clan del Vomero
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Un’altra stangata quella chiesta dal Procuratore Generale nel processo d’Appello scaturito dalle indagini del pool anticamorra di Napoli sulle infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti e nelle forniture di alcuni fra i più importanti ospedali della città.

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E’ stata chiesta, infatti, la conferma della sentenza per tutti gli imputati. Solo per Alessandro Esposito (difeso dall’avvocato Mario Griffo) ha chiesto la concessione delle attenuanti generiche rimettendosi alla corte per la rideterminazione della pena.

La sentenza di primo grado

Le mani del clan Cimmino sugli ospedali di Napoli, arrivano le prime condanne per il gruppo del Vomero fino a qualche anno fa retto da Luigi Cimmino prima di passare dalla parte dello Stato. Le condanne rappresentano la prima diretta conseguenza dell’inchiesta dei sostituti procuratori Celeste Carrano, Henry John Woodcock e Francesco Raffaele, sugli appalti assegnati in diversi importanti ospedali del capoluogo partenopeo sui quali si sarebbero allungate le mani della camorra. In totale 33 condannati e un solo assolto, Renato Esposito. Tra gli imputati figuravano esponenti di spicco della criminalità organizzata dell’area collinare, come il boss Luigi Cimmino, condannato a nove anni e quattro mesi, e anche diversi funzionari dei più importanti ospedali di Napoli come il Cardarelli, l’azienda “dei Colli” e il Nuovo Policlinico, tutti inseriti nell’elenco delle parti offese.

Tra le altre condanne stabilite dal gup Anna Imparato (nel processo svoltosi con rito abbreviato) spiccano quella per Diego Franco Cimmino (figlio dell’ex boss e anch’egli neo collaboratore di giustizia) che ha rimediato nove anni e quattro mesi, l’ex reggente Andrea Basile a 18 anni e 4 mesi e l’ex luogotenente Giovanni Caruson che ha rimediato 14 anni. Condanna anche per il ras di Miano di sopra Gaetano Cifrone (per lui condanna a sei anni). Cifrone era difeso da Domenico Dello Iacono. Tra le altre condanne vi è poi quella per l’ex braccio militare del clan Andrea Teano che ha rimediato 20 anni e 4 mesi però in continuazione con due sentenze (una di 13 anni ed una di 4 anni già espiata per intero) quindi in pratica ha rimediato 3 anni e 4 mesi per associazione. Teano era difeso dall’avvocato Michele Caiafa. Sostanzialmente bene è andata a Salvatore Arena che rischiava 15 anni: difeso dagli avvocati Giuseppe Milazzo e Immacolata Romano ne ha invece rimediati 10 anni e 10 mesi.

Tra le altre condanne Ciro Brandi tre anni e sei mesi, Giovanni Cirella sei anni e otto mesi, Cosimo Fioretto cinque anni e sei mesi ma con esclusione del l’aggravante dell’associazione, Vincenzo Pone, Fabio Rigione (5 anni e quattro mesi), Salvatore Frizziero 4 anni, Benito Grimaldi 8 anni e due mesi, Francesco Luongo sei anni, Gaetano Martino 11 anni e 10 mesi, Giovanni Napoli otto anni nonostante l’accusa di tre tentativi di estorsione (difeso dall’avvocato Antonietta Genovino), Salvatore Pellecchia 11 anni e sei e Domenico Pellino a cinque anni e quattro mesi. Condannati Luigi Visone a sei anni, Mariangela Russo sei anni e dieci mesi, Mario Simioli 9 anni e otto mesi, Raffaele Somma 9 anni e quattro mesi, Raffaele Sacco (classe 1977) e Raffaele Sacco (classe 1968) entrambi 11 anni e otto mesi.

Le accuse della procura contro i Cimmino

Secondo l’accusa, i funzionari “cucivano” gare d’appalto su misura per imprese in stretti contatti con il clan Cimmino-Caiazzo, incaricato dall’Alleanza di Secondigliano di taglieggiare le ditte che fornivano servizi per quelle strutture. Lo scorso 22 ottobre la Squadra mobile di Napoli, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha notificato agli indagati le 48 misure cautelari (36 in carcere e 10 ai domiciliari, perlopiù nei confronti di dipendenti pubblici ed ex sindacalisti, e 2 divieti di dimora in Campania). I settori ai quali la camorra, secondo l’ipotesi accusatoria, imponeva la sua pressione sono i più disparati: dal trasporto degli ammalati alle onoranze funebri, dalle imprese di costruzione e di pulizie fino a quelle che si occupano della refezione e dell’installazione dei distributori di merendine e bibite. Il “pizzo” sarebbe stato versato anche dai parcheggiatori abusivi.

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