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Incidente mortale a Scampia, l’accusa al set di Gomorra: “Non hanno voluto fermarsi”

Davide Cerullo parla di Gomorra e Scampia
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Dramma in via Labriola nel quartiere di Scampia dove nella serata di ieri un uomo di 53 anni di Mugnano ha perso la vita dopo essere stato investito da un ragazzo su uno scooter. Quest’ultimo era un rider, stava lavorando andando a fare consegne. A causa della scarsa illuminazione, probabilmente, non ha visto l’uomo che stava attraversando e l’ha travolto. Sul posto è arrivata l’ambulanza per soccorrere le persone coinvolte. Sul viatico si è accalcata sono folla di curiosi. Il corpo delle vittima è stata coperta da un lenzuolo. In molti hanno accusato il ritardo nei soccorsi. Nelle vicinanze c’era il set di Gomorra.

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Scampia, L’accusa al set di Gomorra

«A non più di 20 metri da dove il ragazzo è stato investito, nello stesso momento, stavano girando una scena di Gomorra. Io sono andato dalla troupe chiedendo di fermare le riprese in rispetto di una persona appena morta. Ho detto loro: “Come pensate di continuare ad andare avanti facendo finta di niente dopo quello che è successo?’’. E un’addetta alla sicurezza della troupe mi ha risposto: “Muore tanta gente, non ci possiamo fermare per una cosa così’’». A raccontare cosa sarebbe accaduto ieri sera nei minuti successivi alla tragica morte del ragazzo travolto da una moto in via Antonio Labriola a Scampia è Davide Cerullo. Scrittore e punto di riferimento della Onlus L’Albero delle Storie con la quale semina tanta bellezza e speranza coinvolgendo tanti bambini e ragazzi del territorio di Scampia.

Il racconto di Cerullo

Secondo la testimonianza di Cerullo – ovviamente va sempre sottolineato come al momento non ci sia la versione dei fatti replica della produzione di Gomorra e dunque bisogna usare il condizionale– mentre il ragazzo era riverso a terra oramai privo di vita sul marciapiede nei pressi della Vela rossa e della Vela gialla, con il susseguente parapiglia di persone che tra l’altro hanno denunciato ritardi nei soccorsi, poco più là sarebbe stato dato il ciak agli attori della fiction che stavano interpretando delle scene. E, pur apprendendo dell’accaduto, la troupe avrebbe fatto spallucce continuando a lavorare. Cerullo continua nella sua versione dei fatti: «Quelli della produzione mi hanno bloccato, non volevano facessi un video».

Addirittura dalla stessa produzione avrebbe anche asserito che il ragazzo fosse «già stato portato via. Invece è rimasto giacente per ore, in attesa che il magistrato desse l’ok per rimuoverlo. Visto tutto quanto successo – le parole di Davide Cerullo – devo dedurre che forse la fiction Gomorra potrebbe essere non così diversa dalla vera Camorra. Quanto vale per una produzione del genere una vita umana? Forse meno di un bicchiere d’acqua come le vere mafie? Che vergogna, c’è proprio una disumanizzazione. Cito l’attivista Vittorio Arrigoni che diceva: “Restiamo umani’’».

L’opportunità di girare a Scampia

Da anni vanno avanti le polemiche sull’opportunità di concedere le autorizzazioni alla produzione di Gomorra di girare a Scampia, tra le Vele e non solo nelle varie stagioni della serie. I più critici hanno sempre sostenuto che evocare i luoghi nelle scene della fiction avrebbe in qualche modo depotenziato tutto il lavoro di rinascita di Scampia di questi anni associando il quartiere ancora una volta ai giorni più bui del dominio criminale dei clan dimenticando le attività dell’associazionismo e dei vari comitati.

Tra gli altri, a negare le autorizzazioni era stato anche il presidente dell’Ottava Municipalità Apostolos Paipais. Davide Cerullo, caduto nelle grinfie della camorra in gioventù divenendo spacciatore al Lotto M prima di cambiare vita diventando autore di libri, proprio in virtù del suo passato, è oltremodo sensibile all’argomento e attacca ancora: «Mi dispiace che neppure le comparse che prendono non più 70 o 80 euro non si siano fermate. Quel ragazzo poteva essere un loro figlio, un loro nipote. Ha prevalso un cinismo duro e crudo, come crude sono certe immagini di finzione piene di violenza».

Le accuse

Per lo scrittore nato e cresciuto a Scampia dove ancora abita, e voce fuori dal coro sul progetto delle Vele di Scampia sul quale non è stato d’accordo preferendo piuttosto una riqualificazione di tutti gli edifici del Lotto M, «questo continuo far resistere ed esistere questa camorra è tenuta in vita proprio da questi progetti cinematografici. La violenza ha un fascino terribile che nasce da un’ingiustizia subita e non riscattata, cicatrizzata. E il suo ripetersi, come se non ci fosse altro modo. Nella cornice delle ingiustizie si passa da vittime a carnefici e viceversa, perpetuando il dolore.

Per questo la fiction di Gomorra non sana, non risolve, non serve più, è ufficio stampa per criminalità, crea consenso. Abbiamo imparato a rassegnarci, a stare bene anche nel male, a convivere con una crudeltà incarnita. Siamo spettatori di ingiustizie che non ci disgustano più. La camorra ce la portiamo in giro come le merde nelle fessure, sotto le suole delle scarpe, ma senza avere il coraggio di alzare il piede. Preferiamo subire il puzzo, quell’odore cui abbiamo abituato anche il nostro naso». Davide Cerullo però preferisce guardare al progetto l’Albero delle Storie. «I bambini, come sempre, continuano a piantare alberi, semi di speranza, stando a contatto con la natura. Costruiamo un futuro diverso oltre le narrazioni delle fiction. E questo va raccontato anche dai media».

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