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Sequestrato e picchiato da un’ala del clan Moccia, salvo solo grazie alla telefonata della mamma

Sequestrato e picchiato da un'ala del clan Moccia, salvo solo grazie alla telefonata della mamma
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Sequestrato, picchiato brutalmente e minacciato di morte solo perchè si era messo contro il loro gruppo criminale. Salvato solo grazie alla telefonata della mamma, la quale ha evitato il peggio. Protagonisti del violento episodio criminale, secondo le indagini svolte dalla polizia, sono soggetti ritenuti vicini al clan Moccia: CRISCI Alfonso, SANTORO Luciano, RUSSO Alberto, LUONGO Christian e GRAZIANO Francesco

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Gli indagagi facevano parte di una compagine criminale operante sul territorio di Afragola, costituente articolazione del clan Moccia, originariamente capeggiata da Nicola Luongo, e, a seguito della sua detenzione, diretta in un primo periodo dal figlio Parziale Vittorio nonché, successivamente, da Sasso Giuseppe,  tratti recentemente in arresto.

LA RICOSTRUZIONE DEL RAPIMENTO E DEL PESTAGGIO

Lo scorso aprile tutti armati di fucili mitragliatori kalashnikov e/o pistole, hanno seguito un’auto Fiat 500  mentre transitava in Via Sicilia di Afragola. Hanno poi effettuato una manovra di sorpasso e posizionandosi dinanzi alla vettura hanno costretto la vittima ad arrestare la marcia. Poi lo hanno tirato fuori dall’abitacolo e caricato, sotto minaccia armata, nella loro autovettura, impossessandosi contestualmente della sua automobile, alla guida della quale si poneva uno di loro. Lo hanno condotto, sempre sotto la minaccia delle armi, all’interno del cortile dei palazzi denominati “Ze Torri”, nel rione Salicelle di Afragola dove la vittima riscontrava la presenza di altri tre uomini, che, unitamente ai quattro che lo avevano condotto, lo malmenavano riempendolo di calci e pugni e minacciavano di morte, inquadrandolo con un telefono cellulare in videochiamata con altra utenza proferendo in dialetto napoletano la seguente frase “eccolo l’abbiamo preso”, mentre l’interlocutore in viva voce ribatteva dicendo sempre in napoletano “uccidetelo ”, quindi rispondendo con inflessione dialettale alla vittima che chiedeva loro cosa volessero da lui “ti devi togliere da mezzo”.

Ed ancora, mentre uno di loro all’improvviso gridava in dialetto napoletano “togliamolo da qua in mezzo, andiamo ad ucciderlo sulla montagna ”, dopo che era trascorsa circa un’ora da quando lo tenevano in ostaggio, gli altri, costringevano la vittima a salire, sempre sotto minaccia armata, su un’autovettura Fiat 500 di colore grigio scuro, giunta poco prima all’intemo delle “Torri” e diversa da quella utilizzata dai sequestratori per condurlo in quel luogo.

Dopo averlo incappucciato ed immobilizzato, gli ribadivano che l’avrebbero portato su una montagna per ucciderlo, finché, a seguito di una telefonata ricevuta da uno degli esecutori materiali con la quale veniva ordinato loro di lasciarlo andare, a seguito dell’intervento della mamma che aveva contattato certe persone, la vittima veniva condotto a Somma Vesuviana e lasciato nei pressi di un bar denominato dove gli venivano restituiti il borsello, il cellulare e il portafoglio.

 

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