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Sospeso l’accesso al Convento Francescano, forse si dialoga in alto mare

Sospeso l’accesso al Convento Francescano, forse si dialoga in alto mare
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Il popolo chiede che San Francesco rimanga a Giugliano. Una soluzione tra la Diocesi di Aversa e la Provincia Minoritica 

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di Emmanuele COPPOLA 

Il popolo si aspettava che i Francescani scendessero a dialogare, e per questo si dichiara sempre di più tradito. Dico il ‘‘popolo’’, che non è gente che accorre trascinata da altra gente a manifestare il proprio occasionale disappunto, con emozioni viscerali, ma dico anche un po’ sbandata e disinformata, nel senso che non riesce a comprendere come sia possibile vedersi calare in testa, da un momento all’altro, una decisione improponibile sintetizzata in quattro parole: «Si chiude il Convento».

E dico il ‘‘popolo’’, perché a Giugliano ci sono i cittadini smembrati, e non i concittadini coesi e disposti a farsi popolo, cioè ad avere una cosciente identità da rappresentare e difendere. Questi concittadini sono riusciti a coalizzarsi sopra una sola certezza, che è quella di credere che non ci siano nemici contro i quali convenga alzare gli scudi, ormai rassegnati alla ineluttabile certezza di non poterci fare niente. E quelli, contro i quali non conviene più combattere, non sono percepiti come nemici. Questa è la perniciosa rassegnazione dei cittadini giuglianesi, che non riusciranno mai a fare una qualsiasi rivoluzione, aldilà di volerla preannunziare.  Siamo pacifisti, nel senso che poi subito ce ne torniamo a casa farfugliando qualcosa, come per dire ‘‘Ma chi m’ ’o fa fà?’’. Per questo io dico, ricordando le amare considerazioni del compianto Esterino Mallardo, che Giugliano non ha un popolo, perché un’anima sociale, una coscienza corporativa, può averla soltanto un popolo.

Il popolo, dunque, quella parte intelligente dei concittadini, si aspettava che i Francescani scendessero a dialogare. Ma non c’erano, il 24 luglio, davanti al Convento; o, perlomeno, si può dire che ce n’erano pochi, una sparuta agguerrita minoranza che ha rappresentato il flop del cosiddetto Flash mob, la potente e gioiosa macchina da guerra che per altri argomenti ed in altri diversi paesi è capace da dare corpo a delle manifestazioni poderose significate dal numero dei partecipanti. Questa folla non si è vista; c’era del popolo ed un po’ di gente; ma niente di più, neanche una minima percentuale da poter considerare significativa rispetto ai circa centotrentamila abitanti variamente diffusi sulla vastità problematica del territorio di Giugliano. Per l’appunto, abitanti, non concittadini; abitanti che, se ci sono, passeggiano, ma che di Giugliano ‘‘nun se ne ’mportano manco nu poco’’.

Non ci sta una sala cinematografica o un teatro? – E che ce fa?

Il tribunale ce lo hanno fatto vedere soltanto col binocolo? – E che ce fa?

Il Marconi se lo portano a Melito? – E che ce fa?

Le discariche e le montagne di ecoballe stanno ancora la? – E nuj che ce avimme ’a fa?

E mó – dicono – si pigliano pure i Convento. E no: questo no! I Frati ed il Convento non si toccano! Ché almeno ci sia lasciato un luogo, e la spalla confidenziale dei Frati Francescani, dove potere andare ancora a trovare conforto, noi come i nostri genitori, e come i nonni ed i loro più lontani predecessori, che del Convento, per quattrocento anni, ci hanno tramandata l’anima, che è la più profonda identità di un popolo.

Il Convento è la storia di quando Giugliano cominciò ad essere qualcosa, un paese in costruzione in una nuova dimensione sociale, con forti connotazioni cristiane e religiose, quando i Frati erano del popolo, e viceversa, in una ordinaria simbiosi educativa. Insomma, noi, dei Frati Francescani, non riusciamo e non possiamo farne a meno. Solo così si spiega e si giustifica questa viscerale protesta popolare, che sembra stia per diventare preoccupante, se non si riesce a prospettare una soluzione, che sia delicata e soddisfacente, indubbiamente difficile, e quindi provvidenziale.

Di certo qui non si vuole che il Convento sia privatizzato, che se ne faccia una struttura privilegiata per pochi, e che di Francescano non ci rimanga più niente. Giugliano ha una realtà sociale di forte impatto problematico, e la soppressione del Convento, come luogo francescano, verrebbe a significare un’altra sconfitta, un abbandono, e diciamo pure un tradimento.

Si potrebbe profilare – di contro – una soluzione collaborativa (non compromissoria) tra la Provincia Minoritica Francescana e la Curia Diocesana di Aversa, visto che di questo si sta parlando?

Il 24 luglio si è di fatto manifestato, più che un dissenso esacerbato, un disagio ampiamente condiviso, perchè dalle parole si riaffacciava di continuo la speranza di essere ascoltati, laddove il dialogo sembra aver preso altre strade, che pure dovranno portare ad una soluzione. Nel mentre, però, i Frati si sono chiusi in casa, quelli che altro non possono fare, se non cercare di far comprendere il loro stesso disagio ai più immediati interlocutori manifestanti. Ma è il disagio di chi non può darci una risposta, il disagio prudente di chi deve stare al suo posto, in Convento ed in ascolto, finché dura, per non contribuire ad ingenerare confusioni e per arginare la protesta più scomposta, sapendo comunque che questo popolo non sta contro l’autorità del Ministro Provinciale, ma con i Francescani, e che vuole continuare a difendersi quel poco che gli è rimasto, accampando semplicemente il diritto di mantenere a Giugliano, e per Giugliano, una continuità sociale culturale e religiosa, che sono le tre identità che fanno la storia di una comunità civile, la storia di un paese che per altri aspetti si è sfilacciata, sminuita e mortificata.

Questo popolo pensa, dunque, che una soluzione si dovrebbe necessariamente trovare per impedire che i Frati se ne vadano da Giugliano e che il Convento si riduca ad altre finalità che non siano quelle della tradizione francescana. Volgarmente si direbbe che una soluzione soddisfacente, ed auspicabile, in questo momento di transizione, sarebbe quella di ‘‘salvare capra e cavoli’’. Ma questa dipende dal traghettatore, certamente capace e interessato a superare una difficoltà contingente, forse con un compromesso, che sia anche una  mediazione articolata insieme ad una controparte, visto che di certo non si vorrà abbandonare il Convento alla rapida proliferazione delle ortiche. Questo popolo, che rappresenta la migliore espressione degli altri concittadini, vuole, dunque, che il Convento continui a rivivere nella sua originale e sostanziale identità francescana, ciò vuol dire comunque con dei Frati, e con altri, se necessario. ‘‘Ma come?’’, si direbbe. Ed è il caso di dire: ‘‘Est modus in rebus’’.

Subentrerà la Diocesi di Aversa, magari con i suoi Sacerdoti di stanza a Giugliano?  Pare che la transizione dovrebbe essere conveniente per la Curia, perché il Convento, come struttura ricettiva, si ritrova in buono stato per i tanti lavori di manutenzione che vi sono stati effettuati nei ultimi venti anni.

Se ne andranno veramente del tutto i nostri Frati Minori, (che non sono Cappuccini!), consegnando ad altri l’onere e l’onore delle tradizioni francescane? O ci sarà comunque anche un Frate con pieno diritto di accesso al Convento, per le sue funzioni di francescano?

Insomma, questo popolo devoto, che manifesta per amore, non vuole che da Giugliano, insieme con i Frati, se ne vada anche San Francesco ad Assisi.

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