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Spaccio a Marano, chiesti sconti di pena in Appello per il gruppo di via Norvegia

Spaccio a Marano, chiesti sconti di pena in Appello per il gruppo di via Norvegia
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In primo grado erano stati condannati, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti ex art. 74 DPR 309/1990 e vari episodi di spaccio, dal GIP del Tribunale di Napoli Dottoressa Rosa Maria De Lellis. Ieri si è tenuta l’udienza in Corte di Appello (sesta sezione penale, presidente Antonia Gallo), il Procuratore Generale Dottoressa Imparato ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado, invocando le seguenti richieste di pena: Amato Massimo anni 9 mesi 6 (6 mesi di sconto); Capparelli Emanuele anni 5 mesi 3 (1 anno ed 8 mesi di sconto);  De mitri Luigi anni 5 mesi 4 (1 anno ed 8 mesi di sconto); Nacarlo Alessandro anni 5 mesi 3 (1 anno ed 8 mesi di sconto); per Cagnazzo Matteo la conferma della sentenza di primo grado.

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La sentenza ci sarà il 9 novembre.

Nel collegio difensivo gli avvocati: Antonio Cavallo, Domenico Dello Iacono, Mauro Valentino, Carlo Carandente Giarrusso, Gaetano Musella, Luigi Poziello

Sono ritenuti indiziati dell’accusa di associazione finalizzata al traffico illecito, spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti. Amato avrebbe avuto un ruolo rilevante nell’attività, secondo la ricostruzione fornita dagli investigatori. L’indagine è stata basata sul monitoraggio continuo delle aree comprese tra Marano e Calvizzano. Secondo le forze dell’ordine, sarebbe stata posta luce su un’organizzazione ben costituita. Tutto sarebbe stato realizzato attraverso due modalità che si sarebbero concretizzate con altrettanti canali: statico e dinamico. Il primo si sarebbe realizzato facendo riferimento a due punti ben precisi di fronte la Chiesa di San Ludovico D’Angiò e nell’enoteca gestita da Cagnazzo. Si tratta in entrambi i casi di luoghi di ritrovo frequentati dalle giovani generazioni.

Sono tanti, infatti, i ragazzi della zona, ma anche dei Comuni limitrofi, che si ritrovano per chiacchierare o bere qualcosa. Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, l’attività sarebbe avvenuta attraverso il supporto di presunti ‘aiutanti’. Questi ultimi avrebbero avuto il compito di avvisare, lanciando l’allarme, nel caso in cui avessero notato la presenza delle forze dell’ordine. Questa, però, non sarebbe stata l’unica modalità. Altrettanta rilevanza, infatti, avrebbe avuto quella dinamica. L’attività sarebbe avvenuta attraverso appuntamenti presi utilizzando il telefono. Sarebbe stata resa difficile e imprevedibile, in tal modo, l’individuazione del luogo dell’incontro. Il tutto sarebbe stato organizzato in modo da evitare occhi e orecchie indiscrete, oltre che le ‘visite’ delle forze dell’ordine. Il lavoro dei militari dell’Arma è stato coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

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