Home Attualità e Società Spopola su Netflix la serie ‘Briganti’, il Sud calpestato dagli invasori piemontesi

Spopola su Netflix la serie ‘Briganti’, il Sud calpestato dagli invasori piemontesi

De Crescenzo su Briganti serie Netflix
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Arriva sugli schermi di milioni di italiani, accende i cuori degli appassionati di storia e fa già parecchio discutere. Si possono riassumere così i primi giorni dall’uscita di Briganti, serie Netflix che racconta una storia diversa dell’Italia dopo la sua unità del 1861. Tra i vari i botta e risposta del web arriva anche il parere di un noto storico neoborbonico, Gennaro De Crescenzo.

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Briganti, una serie controcorrente

In molti l’hanno già definita un cult seppure siano passati solo pochi giorni dall’uscita sulla piattaforma Netflix.  Va detto che Briganti non è una serie come le altre,  si muove controcorrente rispetto al punto di vista di narrazione classico a cui siamo abituati. Una serie che raffigura i “Piemontesi” al sud Italia come una massa di spietati sciacalli, pronti ad uccidere senza pietà e visti come un popolo di invasori. Con queste premesse si capisce che è destinata a far discutere e non poco per via della complessità di un argomento come quello del periodo post unità.

Il pensiero di De Crescenzo

Oltre ai soliti battibecchi da bar che avvengono sul web, arriva anche il pensiero di un fervente studioso della storia, Gennaro De Crescenzo. Le sue parole mettono subito in chiaro la sua posizione e si reputa contento dell’uscita di questa serie:

“Non si tratta di una fiction storica ma ciò non toglie che sono molti gli spunti interessanti. Dopo circa un secolo e mezzo e con rarissime eccezioni, finora l’Unità d’Italia non era stata raccontata dall’altro punto di vista“. Spiga così De Crescenzo che è curioso di vedere i restanti episodi.

“Lo schema è semplice, vero ed efficace: da un lato i “cattivi” ,i piemontesi, dall’altro i “buoni”, i briganti, che pure tra crudeltà e tradimenti, combattono per “l’oro della gente del Sud”

Il ruolo delle donne durante la guerra civile

“Basti pensare – continua De Crescenzo –  alla figura di Michelina Di Cesare su cui la fiction punta molto. Sua ad esempio l’immagine-simbolo del manifesto con la parola “libertà” che viene affisso nei borghi contadini”.  Concentra così l’importanza delle donne in questi momenti difficili, loro comandano e danno ordini agli stessi “generali”, invertendo così una concezione sbagliata sulla figura femminile durante la guerra civile.

 

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