Fino al primo eclatante episodio nel 2005, quando la donna scopre l’infedeltà del coniuge. “I primi 13 anni di matrimonio erano stati felici, fino a quando un giorno ricevetti la telefonata di una donna che diceva di essere l’amante di mio marito da quattro anni. Mi crollò il mondo addosso. Volevo sapere la verità, ma ogni volta che gli chiedevo spiegazioni lui mi picchiava, nonostante fossi incinta della mia ultima figlia. Sono stati gli anni più brutti della mia vita“. Da qui la decisione di separarsi dall’uomo, che tuttavia continuava a vivere con moglie e figli “fino a quando tre anni fa ho detto basta“.
Lo scorso gennaio Gabriella si è rivolta al Cav del Vomero in stretto collegamento, come tutti gli altri, con il Centro Dafne gestito da Salute Donna e diretto da Elvira Reale. Qui la donna ha riferito di continuare a subire minacce e stalking dall’ex partner. “L’uomo ha sempre agito nei confronti della ex moglie con violenza fisica, verbale, psicologica ed economica – spiegano le operatrici – e ancora oggi lei è costretta a saldare i debiti da lui contratti“. La prima denuncia sporta dalla 50enne risale a circa due anni fa.
Ma le violenze fisiche e psicologiche non sono mai finite ed è lei stessa a raccontare: “Il mio ex non ha mai smesso di minacciarmi di morte, lo fa tutti i mesi. A volte lo denuncio, altre no. Perché non c’è stato nessun provvedimento contro di lui. Alcuni mesi fa gli mandai un messaggio per ricordargli del bonifico. Ero sul balcone di casa, quando lui tornando dal lavoro (abita di fronte casa mia, il che mi fa sentire in trappola e non libera di uscire), si fermò e iniziò a inveire contro di me. Così andai dalla polizia; rincasando lo incontrai sotto casa. Mi corse dietro nel palazzo, insultandomi e minacciando di uccidermi. Per fortuna alcuni passanti lo fermarono“.
Nonostante le denunce però forze dell’ordine e Tribunale non hanno previsto alcuna forma di protezione e tutela per arginare i comportamenti violenti dell’uomo. Il Cav del Vomero ha preso in carico la vittima, l’ha immessa in un percorso di sostegno psicologico, legale e di orientamento al lavoro; e le ha permesso di ottenere i bonus per i figli che vanno all’università.
Sul piano giuridico l’avvocata del centro fa rilevare che “le misure cautelari non sono state prese in considerazione, perché le varie denunce fatte da Gabriella in tempi successivi non sono state immesse in un unico procedimento, ma hanno dato luogo a quattro distinti procedimenti penali, ovviamente parziali e di minore gravità, che non hanno configurato, a dire dei pm, l’esigenza di una tutela pur ritenuta dalla vittima necessaria“. La legale che segue il caso ha chiesto durante il dibattimento di uno dei quattro processi di unificarli in un solo procedimento per visualizzare la condotta complessiva dell’uomo, ma il Tribunale di Napoli avrebbe rigettato l’istanza considerandola antieconomica.