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mercoledì, Giugno 26, 2024
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Ucciso per il parcheggio a Torre Annunziata, inizia il processo d’Appello

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“Resto a Torre Annunziata, come loro, e da me avranno sempre battaglia”: mostra lo stesso piglio che l’ha sostenuta in primo grado, Tania Sorrentino, moglie di Maurizio Cerrato, il custode del Parco Archeologico di Pompei ucciso con una coltellata al petto a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, il 19 aprile del 2021, solo per un parcheggio.

Le sue parole sono rivolte a coloro che quel tragico giorno uccisero il marito per rivendicare un posto auto davanti alla loro abitazione, occupato con la sua auto dalla figlia di Cerrato.
Oggi, davanti alla Corte di Assise di Appello di Napoli è iniziato il processo di secondo grado che vede, così come in primo grado quattro imputati, tutti condannati dalla Corte di Assise a 23 anni di reclusione.

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Gli imputati in videoconferenza

All’appello degli imputati, due collegati in videoconferenza dalle carceri dove sono detenuti e gli altri due, uno dietro le sbarre e l’ultimo, anziano e ai domiciliari, con problemi di deambulazione (seduto in fondo all’aula all’altro capo della stessa panca dove è seduta la famiglia della vittima) è seguita la costituzione delle parti civili da parte del Comune di Torre Annunziata e della Fondazione Polis.

Il Giudice ha poi illustrato le motivazioni della sentenza e, a seguire, i motivi che hanno portato alla presentazione dell’istanza di appello da parte del pm e anche dei legali dei condannati.
Perplessità mista a dolore sono stati manifestati dalla moglie di Cerrato, presente in aula insieme con la figlia Maria Adriana Cerrato (entrambe difese come in primo grado dall’avvocato Giovanni Verdoliva), rimasta coinvolta nell’aggressione che portò all’omicidio del padre, in relazione alla richiesta di assoluzione avanzata dagli avvocati degli imputati: “Certamente mio marito non ha afferrato un coltello e si è autoinflitto la coltellata che l’ha ucciso”.
Al termine dell’udienza il giudice ha fissato un programma delle prossime tappe del processo che riprenderà il 10 giugno con la requisitoria del sostituto procuratore generale e con le conclusioni degli avvocati di parte civile.

La moglie di Maurizio Cerrato

“Mi ha infastidito molto oggi la richiesta di assoluzione degli avvocati della difesa, come se mio marito si fosse ucciso da solo, ritengo sia una richiesta inaccettabile”. Lo ha detto Tania Sorrentino, moglie di Maurizio Cerrato, il custode del Parco Archeologico di Pompei ucciso con una coltellata al petto a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, il 19 aprile del 2021, solo per un parcheggio.

La signora Cerrato, al termine della prima udienza del processo d’appello che si è celebrata oggi nell’aula 319 si è intrattenuta con i giornalisti davanti a uno degli ingressi del nuovo palazzo di giustizia di Napoli.

“Riteniamo che i 23 anni di carcere inflitti agli assassini di mio marito – ha detto ancora Tania Sorrentino – sìano pochi, anche il pm ha chiesto l’ergastolo: noi, dal primo giorno, chiediamo solo giustizia. E che a queste persone venga data giusta pena affinché non possano fare del male anche ad altri”.

“Ancora faccio fatica a capire – spiega la signora Cerrato – come si possa giustificare chi toglie la vita per un pneumatico forato, per avere parcheggiato l’auto laddove ritengono con prepotenza che debbano essere parcheggiate solo le loro auto”.

C’era anche la figlia Maria Adriana in aula

Con Tania Sorrentino, oggi in aula, c’era anche la figlia Maria Adriana, testimone dell’omicidio del padre: “Quanto è accaduto mi ha reso più forte, ma ora provo meno emozioni. Per fortuna il ricordo di mio padre mi aiuta a non abbattermi. Ritornare al processo è però molto complicato per me. Confido nella giustizia e ritengo l’ergastolo una pena giusta. Nonostante quello che mi è accaduto continuerò con il mio percorso di vita e non consentirò a nessuno di togliermi anche questo”.

Tornando al giorno dell’omicidio, Maria Adriana, che adesso ha 23 anni, dice di avere visto gli imputati braccare il padre, che subito dopo trova la morte con un fendente al petto e, rispetto alla volontarietà, o meno, di uccidere, manifestata da alcuni imputati, Maria Adriana è determinata: “Non conta quello che ho visto io, ma quello che è emerso dall’autopsia: la violenza della pugnalata era stata inequivocabilmente impressa per uccidere, il medico legale lo ha appurato”.

Per il legale della famiglia Cerrato, l’avvocato Giovanni Verdoliva, è naturale che “la famiglia, rispetto a ciò che accaduto e subìto, ritenga che l’unica pena possibile sia l’ergastolo: Maurizio Cerrato è stato brutalmente assassinato per avere difeso se stesso e la figlia da un’aggressione. E’ stato punito per avere avuto la meglio su Giorgio Scaramella il quale poi chiama con una videotelefonata il fratello Domenico Scaramella che si presenta sul luogo dove poi troverà la morte insieme con Antonio e Francesco Cirillo. Lì si consuma l’omicidio, in pochissimi secondi. E la spedizione punitiva aveva come unico obiettivo compiere un omicidio. Noi riteniamo – ha concluso l’avvocato Verdoliva – che Giorgio Scaramella sia il mandante di un omicidio e gli altri tre imputati gli esecutori materiali”.

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