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sabato, Luglio 5, 2025
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Napoli, sconfitta annunciata e indolore. E’ tempo di bilanci

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Genova per noi. Non è Paolo Conte, è lo stadio Marassi. Fa festa il popolo doriano. 18 anni dopo l’epopea di Vialli e Mancini, il sorriso da zio buono di Paolo Mantovani, il siluro impietoso di Ronald Koeman, la Sampdoria torna nell’Europa più bella. Invitato speciale ai festeggiamenti, il Napoli ha seminato qualche patema all’inizio, poi è stata accademia. Partita vera solo nei primi 45′. Avvio di marca blucerchiata, con la banda Del Neri impeccabile nel suo collaudatissimo 4-4-2. Una squadra all’inglese, con due centrali difensivi-marcantoni, grande spinta sulle fasce, due martellatori-costruttori in mezzo al campo e le finezze delegate in esclusiva al duo d’attacco. Ci pensa infatti la premiata ditta Cassano&Pazzini a sgrezzare il duro lavoro dei compagni. Nel Napoli sono in tanti sotto osservazione. Santacroce alterna come sempre anticipi imperiosi e irrinuciabili (per lui) distrazioni, Cigarini fa vedere il solito bel piede ma anche la solita, estrema compassatezza, Denis, centravanti con la valigia, si perde in una gara sfiduciata e malinconica. Nel complesso però meglio gli azzurri nel primo tempo, poi da Bergamo arriva la notizia del pari dell’Atalanta con il Palermo. E’ la scossa per i padroni di casa, finalmente liberi da tensioni e frenesie assortite. Pazzini, fino a quel momento nullo, infila in rete il primo pallone che tocca. Proprio quello che servirebbe al Napoli, uno che magari non becca palla ma alla fine la butta puntalmente dentro. E forse la differenza tra partenopei e genovesi è tutta li’, e non c’è bisogno di tirare in ballo per la quarantesima volta i torti arbitrali, vero Mazzarri? Poi c’è Cassano, dispensatore di bellezza e di frecciate (“Spero che Lippi vada via”), mai banale anche quando batte un fallo laterale. Dopo l’1 a 0, il Napoli scivola lentamente via dalla gara; semplicemente scriteriato l’assetto tattico finale, con Pazienza esterno destro, Bogliacino in mediana e il duo di fantasmi Denis-Hoffer in avanti. Escono, chissà perchè, entrambi gli esterni destri, Maggio e Zuniga, quest’ultimo provato con discreto esito in veste di mezzala, fa il suo esordio il giovane Maiello, classe ’91, auguri. Tra rimpianti e “discrezione”, si chiude la partita del Napoli. Gara un po’ cosi’ ma stagione da promuovere. Dal piccolo trotto donadoniano, un misero punticino a partita, al galoppo mazzarriano, 52 punti in 31 gare. Record storico di punteggio in serie A, Hamsik per il terzo anno consecutivo re dei bomber azzurri, 6 vittorie in trasferta, a una sola lunghezza di distanza dal record assoluto di 7, epoca-scudetti. Luci ma anche ombre, i 14 pareggi, di cui 8 per 0 a 0, l’assenza di attaccanti prolifici, i punti persi scioccamente in casa. Grande merito a Mazzarri, che ha costruito un gruppo scolpito nel granito, il gruppo del carattere, delle rimonte batticuore, dei gregari riscoperti. Grava, Cannavaro, Pazienza, il palcoscenico è tutto loro. Il capitano azzurro alla miglior stagione della sua carriera, e solo un Lippi acriticamente legato ai suoi pretoriani poteva ignorarlo. Si riparta da loro, dai portatori d’acqua, al servizio degli Hamsik, dei Lavezzi, dei Quagliarella. Una sana iniezione di pragmatismo, quantità abbinata alla qualità a centrocampo, cinismo in area di rigore. Il giusto turnover per onorare al meglio le tre competizioni. Appunti per la rinascita. Per un Napoli protagonista, in Italia come in Europa. League, ma sempre Europa è. E scusate se è poco.

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