Una delle immagini più forti che lo Stato esibì davanti alle televisioni di tutto il mondo: la cattura di Antonio Iovine ‘o ninno’, la primula rossa dei Casalesi latitante da decenni, prima di essere stanato dalla Polizia. Un anno dopo lo stersso reparto mise le manette all’ultimo capo della triade che guidava il potente clan casertano ancora piede libero, Michele Zagaria.
E ora, spunta fuori un’altra stranezza, questa volta avvenuta subito dopo la cattura di Iovine.Quando arrivò in questura, a via Medina, il boss aveva in tasca un foglietto che fece scivolare nelle mani del suo primogenito, Oreste. Era l’archivio dei business del «ministro dell’Economia» dei Casalesi, come Iovine è stato definito dalla Dda.È lo stesso figlio del «ninno» a ricostruire l’episodio. Un recupero crediti che Antonio Iovine affidò al figlio consegnandogli il libro mastro dei suoi affari. Diciassette dicembre 2010: fine di una «leggenda» della camorra. Iovine, in manette, arriva in questura sorridente, quasi divertito per quel circo mediatico che si è messo in moto per lui. Gli viene concesso di incontrare i tre figli. Dopo, per lui sarà carcere duro, per quattro anni. Il 22 maggio del 2014 la notizia del pentimento del «ninno» diventa ufficiale. Ma torniamo al suo arresto, a quel giorno di festa per lo Stato, a quei momenti negli uffici della questura di Napoli così come li narra il figlio dell’ex boss, che non è pentito, ma usufruisce dei benefici della legge per i collaboratori di giustizia in qualità di dichiarante. Nell’ammettere di avere ereditato alcuni degli affari del padre, Oreste Iovine, in un verbale datato 21 luglio 2014, dice «il giorno dell’arresto, in questura a Napoli, mio padre mi consegnò un foglio nel quale erano elencati una serie di riferimenti ad immobili, compromessi e nominativi di persone per consentirmi di provvedere a tutelare il patrimonio immobiliare e per evitare che fossero dispersi».
«Mi disse che non avrei dovuto avere rapporti con gli affiliati al clan che gioco forza mi avrebbero inserito in un meccanismo incontrollabile e autodistruttivo». Prima gli consegnò il libro mastro della famiglia, dunque, poi gli diede le direttive. «Sempre in questura a Napoli, proprio nel momento in cui mi consegnò il foglietto, ci fece capire che stava cercando una soluzione per ricompattare il nucleo familiare: rassicurò me e i miei due fratelli presenti in questura, ma non fece riferimento a una sua futura collaborazione», si legge ancora nel documento.
fonte: Il Mattino