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sabato, Luglio 5, 2025
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Aveva la camorra tatuata sulla pelle, Cepparulo era ricercato dai rivali in tutta Napoli

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“Antonio Genidoni”. Nome e cognome come simbolo di appartenenza. È questo il tatoo che iL fedelissimi del figliastro di Piero Esposito si era marchiato sulla pelle per suggellare la sua fedeltà. Quel tatuaggio Raffale Cepparuolo se lo porterà dentro la bara. L’uomo, uccuso a Ponticelli (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO SUL DUPLICE OMICIDIO) fino a poco prima della cacciata dalla Sanità degli Esposito-Genidoni viveva nel quartiere del centro storico di Napoli, poi dopo la ritorsione dei Vastarella era scappato ed era ricercato dai killer del clan rivale che lo hanno scovato a Ponticelli, quartiere della zona est di Napoli.
Dalle informative di polizia Cepparulo,“soggetto originario delle Case Nuove, viene ritenuto “orbitante nel sodalizio Esposito-Genidoni-Spina e facente parte della loro batteria di fuoco” e veniva considerato l’ultimo irriducibile, colui che, in ossequio a quel tatuaggio non si sarebbe arreso all’evidenza e avrebbe cercato, a suon di colpi di pistola, di non cedere alla vittoria dei Vastarella, storici nemici degli Esposito-Genidoni e finiti nel mirino del gruppo di “Pierino” dopo l’agguato al circolo Maria Santissima dell’Arco di via Fontanelle. Il giovane ras, originario delle Case Nuove, stando alle ultime indiscrezioni, si sarebbe inoltre messo contro anche gruppi orbitanti nella zona delle stesse Case Nuove e della periferia orientale. L’esclusiva sul tatuaggio è stata riportata riportata stamattina su Metropolis dal giornalista Stefano Di Bitonto.

Proprio i giovanissimi attratti dal carisma di tale soggetto delle Case Nuove sarebbero l’ultimo, estremo tentativo del gruppo di non farsi schiacciare del tutto. Dietro l’ultimo raid alle Fontanelle potrebbero esserci loro anche perché dall’agguato in cui persero la vita Giuseppe Vastarella e suo cognato Salvatore Vigna il clan si è riorganizzato. Una strategia fatta di costanti e continui controlli nel rione con vedette organizzate anche nelle ore notturne.
Una colonizzazione che si è poi tramutata nello scontro con gli Esposito-Genidoni: sono iniziate le epurazioni dal quartiere acceleratesi con la morte di Piero Esposito (ammazzato in piazza Sanità a settembre) e facilitate dai domiciliari a cui era costretto il suo figlioccio Antonio Genidoni, proprio lui a capo dei ‘barbudos’ che riorganizzava insieme alla madre la riconquista del quartiere con la donna che, con un filo d’invidia, ammetteva che “quelli lì ci hanno saputo fare, hanno fatto il grande salto in poco tempo”. Due strategie opposte unite dalla giovane età delle proprie leve criminali: da una parte cinque-sei elementi che cercano di non arrendersi all’evidenza, dall’altra gli eredi di un gruppo che rivendica con fierezza la propria appartenenza sognando nuovi fasti criminali e una ‘renaissance’ tutta da scrivere.

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