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Addio a Maurizio Costanzo, scampò ad un attentato della mafia: l’autobomba esplose tardi

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Maurizio Costanzo è morto oggi, venerdì 24 febbraio 2023, a Roma. Il giornalista e conduttore, che aveva 84 anni, ha firmato decine di programmi radiofonici e televisivi e di commedie teatrali. Proprio pochi mesi fa aveva festeggiato la quarantesima edizione del suo show più celebre: il “Maurizo Costanzo Show”. Costanzo, di fatto, era e resterà un icona del panorama giornalistico italiano, con il suo impegno nel sociale e, soprattutto, nella lotta alla mafia. Fu proprio questa tendenza a “condannarlo”, nel ’93, ad un attentato di Cosa Nostra, dal qual scampò miracolosamente.

In quel periodo, infatti, Maurizio Costanzo era fortemente impegnato nelle sue trasmissioni, e in particolar modo nel Maurizio Costanzo Show, nel contrastare il messaggio mafioso.

Dopo l’omicidio di Libero Grassi, infatti, Costanzo organizzò con Michele Santoro una maratona televisiva a reti unificate Rai-Mediaset (all’epoca Fininvest) dedicata alla lotta alla mafia e alla quale partecipò anche il giudice Giovanni Falcone, di cui Costanzo era amico, e durante la quale fu anche bruciata in diretta una maglietta con scritto Mafia made in Italy. La mafia, così, mise nel mirino il giornalista tentando di ucciderlo il 14 maggio 1993.

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L’attentato di Cosa Nostra a Maurizio Costanzo

Una macchina imbottita di tritolo, infatti, fu fatta esplodere in via Fauro, a pochi metri dal Teatro Parioli, sede storica del Maurizio Costanzo Show, proprio mentre il giornalista transitava con la sua auto insieme alla moglie Maria De Filippi. Un boato spaventoso: quando la polvere si adagiò a terra quella via sembrava di Beirut, non di una delle zone più eleganti di Roma. Le facciate dei palazzi erano devastate fino al 4° piano, sull’asfalto un tappeto di vetri. Ventiquattro i feriti, due gravi.

La sera del 14 maggio 1993 la Mercedes blu guidata da Stefano Degni che trasportava Maurizio Costanzo e Maria De Filippi – e che era seguita dalla Lancia Thema della scorta con le guardie del corpo Fabio De Palo e Aldo Re (entrambi poi feriti) –  passò vicino a una Fiat Uno parcheggiata a poca distanza dal Parioli.  Una colonna di cemento e un muretto assorbirono l’onda d’urto che avrebbe causato la morte certa dei passeggeri di quelle auto. L’esplosione sfogò altrove l’enorme potenza distruggendo le facciate dei palazzi di quel tratto di via Fauro e ferendo gli inquilini.

Le indagini accertarono poi che già nel febbraio 1992 Cosa Nostra, su ordine del boss Totò Riina, aveva mandato a Roma una banda composta da mafiosi di Brancaccio fra i quali Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Vincenzo Sinacori, Lorenzo Tinnirello, Cristofaro Cannella e Francesco Geraci. Con loro portarono decine di chili di esplosivo nascoste nell’abitazione di un complice.

Le parole del conduttore in un’intervista sull’attentato

In un’intervista del 2014, il giornalista parla di quei momenti. “Durante gli anni in cui mi occupavo di mafia, chiesi ad Andreotti o a Martelli che la si finisse con la vergogna dei mafiosi che lasciavano le infermerie del carcere per starsene tranquilli in ospedale”, ha detto Costanzo a Sandro Ruotolo. “L’aver ottenuto questo, credo mi abbia assai nuociuto. Il telecomando dell’autobomba fu schiacciato in ritardo. Quei cinque secondi di incertezza hanno consentito che io, Maria, l’autista e il cane non perdessimo la testa”, ha aggiunto il giornalista. “‘Perché?’. Ripeteva quella notte Maria De Filippi. Perché? Perché le stragi sono venute quando tutti abbiamo cominciato a sperare di diventare una democrazia normale? Se fossimo diventati una democrazia completa forse oggi i morti risponderebbero alle nostre domande”, raccontò Costanzo.

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