Picchiato soltanto per aver difeso una donna e per il suo essere trans: una “colpa” che i suoi aggressori non gli hanno perdonato. È la disavventura capitata ad Antonio Di Gennaro – all’anagrafe Maria Antonia – 26enne napoletano che ha avuto il coraggio di denunciare chi l’ha mandato in ospedale con una motivazione nobile: essere un portavoce dei “più deboli”. Riavvolgiamo il nastro. Lo 12 gennaio, una domenica, Antonio si trova attorno alle 14 in piazza Garibaldi da dove attende un bus per rientrare a casa. D’improvviso si accorge che una donna, una dottoressa, viene aggredita verbalmente da due uomini semplicemente per un parcheggio.
“Quando ho visto quella scena in me è scattato qualcosa – racconta a Internapoli Antonio – Mi sono avvicinato in maniera istintiva alla scena chiedendo a quei due uomini perché si stessero comportando così. In una frazione di secondo, mi sono ritrovato a terra, raggiunto da calci e pugni mentre le persone che erano lì urlavano“. Il pestaggio dei due aguzzini, un sessantenne e un quarantenne, uno dei quali pregiudicato, è così violento da non dare la possibilità ad Antonio di reagire. Il giovane finisce in ospedale con diverse ecchimosi al volto e la frattura del setto nasale.
L’aggressione transfobica ad Antonio
Ma perché tanta violenza? Il 26enne sembra avere pochi dubbi: si tratta di transfobia. “Credo – afferma la vittima – che quelle due persone si siano comportate così per il mio essere mascolino, si sono sentite punte nell’orgoglio di maschi pensando a come mai quel maschiaccio fosse pronto a intervenire in una faccenda a lui estranea“. Antonio ha intrapreso un percorso di transizione dal femminile al maschile. Evidentemente, chi l’ha picchiato oltre a essere convinto che tutto vada risolto con la violenza non ha perdonato ad Antonio la sua scelta identitaria, ecco perché il caso può rientrare nel triste elenco di aggressioni transfobiche.
Antonio aggiunge anche di essersi sentito “ferito, io sì, nell’orgoglio perché mi hanno picchiato in due. Ma io ero nel giusto, volevo soltanto difendere una professionista aggredita verbalmente. Queste persone sono miserabili, soprattutto perché se la prendono con gli indifesi in favore dei quali voglio lottare. Non riesco a stare fermo quando accadono certe ingiustizie, voglio fare qualcosa per i più deboli“. Intanto, Antonio ha denunciato alla polizia il fatto e, seguito dall’avvocatessa Giorgia De Gennaro e sostenuto dall’Associazione transessuali Napoli, ora sente di essere più tutelato. A fargli tirare un sospiro di sollievo, anche la guarigione delle ferite riportate.
Le parole dell’avvocatessa Ileana Capurro
L’avvocatessa Ileana Capurro, presidente Associazione transessuale Napoli è perentoria. “L’aggressione ad Antonio non deve restare impunita. Lui si è fatto carico della responsabilità di denunciare i suoi aggressori, di portare avanti la denuncia con l’avvocatessa Giorgia Di Gennaro che lo sostiene in questo percorso insieme all’Associazione Trans Napoli. Non sono casi isolati – sottolinea Capurro – quello di Antonio è un caso che si è replicato molte volte ma non sempre le vittime hanno il coraggio di denunciare” essenzialmente per due motivi.
“Innanzitutto perché significa rendere edotta la comunità di un percorso di transizione e non sempre questo è conosciuto dalla famiglia o dall’ambiente sociale con il quale eventualmente si ha a che fare” e poi “anche perché nel confronto con le forze dell’ordine non si è in grado di leggere l’identità di genere della persona che sta denunciando“. Nel caso di Antonio, ribadisce la presidente Capurro, “abbiamo un percorso di un soggetto femminile che transita verso il maschile. Appellarlo nel modo sbagliato, quindi prendendo come riferimento i suoi dati di identità, finisce per essere una violazione della sua privacy della sua identità di genere. Antonio ha avuto un doppio coraggio: non solo nell’affrontare un percorso penale che lo vede vittima di un atto di violenza gratuito, ma anche quello di farsi carico del percorso di transizione portato all’esterno“.