sabato, Luglio 19, 2025
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Clan Mallardo, il superboss Ciccio Mallardo era ricoverato in una clinica in Emilia Romagna

E’ morto  Francesco Mallardo, boss di Giugliano. A darne ufficialità è anche il suo pool legale. Ciccio e Carlantonio era detenuto da anni in carcere al 41 bis, è stato stroncato da una malattia. Per anni insieme al fratello Giuseppe ha comandato il clan di Giugliano, diventando anche uno dei punti di riferimento dell’Alleanza di Secondigliano, uno dei clan più potenti della camorra napoletana. Era ricoverato da alcuni giorni in una clinica in Emilia Romagna dove aveva ottenuto i domiciliari per l’aggravarsi delle condizioni di salute.

CHI E’ FRANCESCO MALLARDO

Il re delle evasioni. Il mago delle beffe. Francesco Mallardo,  capoclan dell´omonima cosca di Giugliano, è celebre per le sue fughe “eccellenti”. Prima dall´ospedale Giugliano, nel settembre del 1999. Poi da una clinica torinese, lo scorso ottobre. Il triumviro dell´Alleanza di Secondigliano, l´uomo che sedette sullo stesso trono di Edoardo Contini e Gennaro Licciardi, ne ha dati di grattacapi alle forze dell´ordine. Gli ha dato una mano, per così dire, quel suo cuore malato. Quasi una costante nella vita del padrino. Il 16 maggio del 1999 per Mallardo si aprirono le porte del super carcere di Parma, dove era detenuto da ben sette anni. Il boss, da maggio a settembre, si recò spesso in ospedale per far controllare ai sanitari lo stato della sua cardiopatia. Non appena ebbe buone notizie, scappò. Era l´8 settembre di quattro anni fa. Le forze dell´ordine riuscirono a tenere celata la notizia per quattro giorni. Poi il caso esplose. Ciccio e´ Carlantonio avrebbe dovuto scontare la sua pena tra le mura di casa.

Usufruiva quasi quotidianamente di permessi, concessigli dall´autorità giudiziaria per raggiungere l´ospedale di Giugliano, il “San Giuliano” di via Salvatore Allende. Per sottoporsi a controlli, per tenere a bada quel “cuore matto” che tanti problemi gli aveva creato. Quel fatidico mercoledì 8 settembre del 1999, i sanitari evidenziarono i miglioramenti di salute per don Francesco. Il che avrebbe potuto significare il ritorno nelle patrie galere. A Parma, lontano da casa, dove era sottoposto al regime del carcere duro, il famosissimo 41 bis. E Cicco `e Carlantonio non fece più ritorno. Né a casa, né in ospedale, né in Commissariato. Scappò, si diede alla latitanza. Senza però andare lontano. La primula rossa della camorra napoletana dimostrò d’avere abitudini antiche: non si spostò affatto, raggiunse comunità di parenti e amici, ma sempre nell’ambito della sua terra, il Giuglianese. Il suo impero. Continuò a vivere in appartamenti lussuosi, attorniato da moglie e figlie, con salotti dai teleschermi giganti dove vedersi film e partite e dispense fornite di ogni bene. Fino al 15 aprile del 2000. Gli agenti di polizia lo bloccarono in un casolare di campagna, al confine tra Giugliano e Qualiano. Con lui finirono in manette altre 12 persone, tra cui altri due noti latitanti, Feliciano Mallardo e Patrizio Bosti, tutti esponenti di spicco dell´Alleanza di Secondigliano.

Gli uomini di don Ciccio si godevano la frescura della trattoria di “Carlino o’ Mucione”. Sul tavolo c´era un tagliere di legno ed un grosso coltello, per affettare il salame. Affianco una pancetta, un prosciutto e le fave raccolte pochi minuti prima dell’arrivo dei commensali. Anche allora scattarono le manette per il rampollo di Mimì `e Carlantonio. Anche allora il padrino accusò una fitta al cuore. Mallardo fu trasportato al padiglione Palermo del Cardarelli, da sempre riservato ai detenuti. Poi dritto in cella. Scontò due anni di reclusione, e nuovamente scarcerato per motivi di salute. La solita cardiopatia. “Episodi di angina pectoris”, si leggeva nell´ordinanza emessa dai Giudici di Sorveglianza. Per il boss di Giugliano si aprirono nuovamente i cancelli del carcere. Era il 3 ottobre scorso. I magistrati decisero di sostituire il regime restrittivo con l´obbligo di dimora nella clinica torinese “Villa Maria Pia”. Dalla quale non poteva assolutamente allontanarsi durante la notte. Il boss poteva spostarsi dalla casa di cura solo durante il giorno, dalle 7 alle 22. E durante una di queste “uscite” che il padrino si dileguò. Scomparve nel nulla. La sua non fu una vera evasione. La legge gli “consentì” di allontanarsi e di diventare irreperibile. . Lasciò il letto della clinica torinese di strada comunale Mongreno dove era ricoverato per gravi problemi cardiaci, ed uscì. Nessuno lo vide, nessuno lo fermò. Nessuno a sorvegliarlo o controllarlo, quindi. “L´ha rifatto” dissero stupefatti a Giugliano. Increduli davanti a quell´ennesima evasione- shock. La notizia rimbalzò come un boato da Torino. Subito fu allertato il Commissariato di polizia di Giugliano (con il dirigente Alberto Francini) e la locale Compagnia dei carabinieri (con alla guida il capitano Gianluca Trombetti e il tenente colonnello Orazio Ianniello). Furono perquisite le abitazioni di Mallardo, le tenute di campagne sparpagliate in quell´immenso territorio che era il suo regno, l´Agro giuglianese. Sotto stretto controllo furono tenute tutte le cerimonie di quella vasta famiglia “d´onore” imparentata con don Francesco. Questo perché Ciccio `e Carlantonio sposò una delle sorelle Aieta, e dunque cognato del boss del Vasto Eduardo Contini, di Patrizio Bosti e del defunto Gennaro Licciardi, “alias a´ scigna”. Niente di fatto. Il padrino si rese introvabile. Non si presentò neanche alla prima comunione della figlia minore. Uccel di bosco per 10 lunghi mesi. Grazie a quel “cuore matto” che gli aveva fatto guadagnare la libertà. Fino al 2003

Antonio Mangione
Antonio Mangionehttp://www.internapoli.it
Giornalista pubblicita iscritto dalll'ottobre 2010 all'albo dei Pubblicisti, ho iniziato questo lavoro nel 2008 scrivendo con testate locali come AbbiAbbè e InterNapoli.it. Poi sono stato corrispondente e redattore per 4 anni per il quotidiano Cronache di Napoli dove mi sono occupato di cronaca, attualità e politica fino al 2014. Poi ho collaborato con testate sportive come PerSempreNapoli.it e diverse testate televisive. Dal 2014 sono caporedattore della testata giornalistica InterNapoli.it e collaboro con il quotidiano Il Roma