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Confisca da 200 milioni ai fratelli Pellini, gli imprenditori della Terra dei Fuochi

Confiscata da 200 milioni ai fratelli Pellini, gli imprenditori della Terra dei Fuochi
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Confisca del patrimonio confermata per i fratelli Giovanni, Cuono e Salvatore Pellini. Si tratta di tre imprenditori del settore ambientale condannati per traffico illecito di rifiuti e ritenuti tra i responsabili dell’inquinamento dell’area dell’hinterland napoletano ricadente nella cosiddetta Terra dei Fuochi.

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La Corte d’Appello di Napoli (ottava sezione, collegio presieduto da Rosa Maria Caturano) ha infatti respinto l’istanza presentata dai difensori dei Pellini – gli avvocati Francesco Picca, Stefano Preziosi e Paola Tafuro – che chiedevano di dichiarare l’inefficacia del provvedimento con cui gli stessi giudici di secondo grado avevano confermato a metà giugno la confisca dei beni per un valore di circa 200 milioni di euro disposta in primo grado.

Un’inefficacia derivante, secondo i legali, dalla violazione del termine perentorio di 18 mesi richiesti dalla legge per emettere un provvedimento di secondo grado.

LA CONDANNA SUL TRAFFICO DI RIFIUTI

Nel maggio del 20017 la Corte di Cassazione confermò la condanna per disastro ambientale nei confronti dei fratelli Pellini di Acerra, condannati in Appello, nel 2015, a sette anni di reclusione per aver inquinato l’agro casertano e napoletano con rifiuti pericolosi, sversandoli in terreni agricoli e nei Regi Lagni. I fratelli Pellini sono condannati in via definitiva per disastro ambientale nei territori di Acerra, Caivano, Qualiano e Bacoli. 

Allora la Suprema Corte, dopo diverse ore in camera di consiglio, condannò definitivamente per disastro ambientale i tre fratelli acerrani, due imprenditori e un ex carabiniere in servizio – all’epoca dei fatti contestati – presso la locale stazione, Salvatore, Cuono e Giovanni Pellini, contro le cui società, la Guardia di finanza di Napoli, su disposizione della sezione Misure di prevenzione del Tribunale partenopeo, aveva anche operato un sequestro preventivo per circa 200 milioni di euro, ritenuti provento dell’attività illecita di smaltimento di rifiuti speciali gestiti negli impianti di loro proprietà.

 

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