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Paolo Borsellino, depistaggi e misteri sulla strage: “La mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”

Paolo Borsellino e Giovanni Falcone
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Sono passati oltre 30 anni dal 19 luglio del 1992, giorno in cui persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Nel giorno in cui si ricorda quel terribile attentato si rivalutano le dinamiche ed i colpevoli di quella che è passata tristemente alla storia come la ‘strage di Via D’Amelio‘. Paolo Borsellino, insieme con il collega Giovanni Falcone, è stato emblema della lotta alla mafia. Magistrati devoti alla libertà ed alla giustizia non hanno mai temuto di lottare per difendere la loro amata Sicilia, così come tutta la penisola, dalla mano di Cosa nostra. Sono passati 31 anni dalle stragi di Via D’Amelio e Capaci e ad oggi, nelle indagini per la morte di Paolo Borsellino e per la sparizione della sua ‘agenda rossa‘, si parla di depistaggi e di poteri “istituzionali” tra i mandanti.

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Paolo Borsellino: “Sarano altri che mi faranno uccidere

Mi ucciderà materialmente la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere. La mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno” così Paolo Borsellino confiderà alla moglie. Un’ipotesi che negli anni di indagine sul suo attentato è diventata sempre più un’intuizione su quello che gli stessi giudici definiscono “il più grande depistaggio della storia d’Italia“. In Via D’Amelio infatti ci fu la “partecipazione morale e materiale di altri soggetti (diversi da Cosa nostra)“. Si parla di “gruppi di potere interessati all’eliminazione” a dirlo sono stati i giudici di Caltanissetta nella sentenza sul depistaggio con la quale il 12 luglio 2022  hanno prescritto due investigatori della polizia, Mario Bo e Fabrizio Mattei, accusati di favoreggiamento, e assolto un terzo poliziotto, Michele Ribaudo.

Dov’è l’agenda rossa di Paolo Borsellino?

I tre agenti citati sopra facevano tutti parte della squadra che indagava sulle stragi di Falcone e Borsellino. Squadra guidata da Arnaldo La Barbera che aveva anche creato il falso pentito Vincenzo Scarantino. La Barbera avrebbe inoltre portato Scarantino ad inventare di sana pianta delle accuse. Sette persone furono condannate all’ergastolo e poi scagionate ed infine scarcerate quando il vero pentito Gaspare Spatuzza ha ricostruito un diverso scenario della strage. Un intreccio che fa presagire la volontà di archiviare il caso e di “impolverare” una probabile verità più scomoda di quella “palese”.

Pare che gli 007 siano arrivati tra i primi nel luogo dell’attentato ed abbiano subito messo le mani sulla borsa in cui Borsellino teneva un’agenda rossa con le annotazioni sulle sue indagini. L’agenda rossa è il “Sacro Graal” della strage di Via D’Amelio, un cimelio scomparso nel nulla, cimelio che conteneva annotazioni sulle varie indagini portate avanti da Paolo Borsellino. La vera domanda è perché alcuni poteri istituzionali avrebbero ipoteticamente tenuto a “prelevare” l’agenda prima che questa finisse nel fulcro delle indagini, altrettanto “istituzionali”? Cosa conteneva quell’agenda e, soprattutto, quali nomi annotava?

“Verità nascosta o non completamente disvelata”

I giudici di Caltanissetta sostengono che quella agenda contenga “verità nascosta o meglio non completamente disvelata“. In questa storia i servizi non dovevano metterci neppure il naso ma la loro irruzione avrebbe avuto un avallo autorevole non solo da La Barbera ma anche dal procuratore di Caltanissetta del tempo, Giovanni Tinebra. Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato, continua a sostenere che  il depistaggio è andato molto avanti anche a causa di troppe distrazioni.

I giudici di Caltanissetta sostengono l’opinione della figlia di Paolo Borsellino. Spiegano infatti: “Tra amnesia generalizzate di molti soggetti appartenenti alle istituzioni (…) e dichiarazioni testimoniali palesemente smentite da risultanze oggettive e da inspiegabili incongruenze logiche, l’accertamento istruttorio sconta gli inevitabili limiti derivanti dal velo di reticenza cucito da diverse fonti dichiarative“.

“Occultare le responsabilità esterne” a Cosa nostra 

In questo contesto pieno di ombre la finalità principale del depistaggio, sostiene la Procura di Caltanissetta, era quella di “occultare le responsabilità esterne” a Cosa nostra. Come nel caso di Falcone però anche con Borsellino tutto si perde in silenzi e buio pesto.

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