Il Giro d’Italia è passato da Napoli, ma non ha attraversato una città silenziosa. Al contrario, la tappa più lunga della corsa rosa si è trasformata in un terreno di mobilitazione politica e solidarietà internazionale. A pochi chilometri dal traguardo sul Lungomare Caracciolo, due attivisti pro-Palestina sono entrati sul tracciato con un nastro e una kefiah, rischiando di bloccare la gara e innescando un acceso dibattito pubblico.
Il gesto, che ha coinvolto il ciclista Taco van der Hoorn dell’Intermarché-Wanty, è stato letto da molti come un atto di protesta contro la partecipazione al Giro della squadra Israel Premier Tech, già al centro di polemiche per la sua rappresentanza simbolica del governo israeliano nel contesto del conflitto in Medio Oriente. Il tentativo dei manifestanti non ha causato danni fisici, ma ha avuto un grande impatto mediatico.
La protesta non si è fermata lì. Dai balconi di Napoli sventolavano bandiere della Palestina, mentre lungo il percorso una kefiah – il tradizionale copricapo simbolo della resistenza palestinese – veniva sollevata come una bandiera. È la stessa kefiah che, come ha denunciato più volte la società civile, è stata recentemente bandita dal Parlamento Europeo. Un gesto che evidenzia come perfino un simbolo culturale possa diventare un bersaglio politico, quando associato alla solidarietà con un popolo sotto attacco.
Officina 99, spazio sociale attivo da anni, ha diffuso un comunicato durissimo.
“NAPOLI È CON LA PALESTINA! GIRO D’ITALIA COMPLICE DEL GENOCIDIO!
Una doppia dimostrazione importante arriva oggi da Napoli: il Giro d’Italia dove partecipa Israele non è passato in un territorio pacificato; eravamo in piazza Municipio e poi in Questura per chiedere a gran voce la liberazione di Pasquale e ad Officina 99 per ribadire che la nostra città rimane dalla parte del popolo palestinese e della sua Resistenza, e non dalla parte di chi rende possibile un vero e proprio sterminio!”
Il riferimento è all’arresto di Pasquale, attivista fermato durante le manifestazioni. Le proteste hanno chiaramente voluto lanciare un messaggio: non è possibile separare sport e responsabilità politica. Per i manifestanti, ospitare una squadra che rappresenta uno Stato coinvolto in gravi violazioni dei diritti umani significa essere complici di un sistema di oppressione.
La tappa di Napoli si è conclusa senza incidenti gravi, ma ha lasciato una traccia profonda. Il Giro è ripartito, ma dietro si è lasciato un’immagine di resistenza, quella di una kefiah alzata in mezzo alla corsa, di bandiere della Palestina tra i palazzi e di una città che, ancora una volta, sceglie di non restare indifferente.