Tra i soggetti finiti nell’inchiesta sulla camorra di Cardito c’è anche Carmine Polito, ritenuto dagli inquirenti una figura chiave. Dalle indagini emerge che Polito avrebbe avuto il ruolo di provvedere all’imposizione del racket e alla riscossione del pizzo ma anche all’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, mettendo a disposizione del gruppo lo stabile di sua proprietà dove c’era un esercizio commerciale, dove avvenivano anche riunioni operative tra gli affiliati e veniva custodita e confezionata la droga che veniva poi ceduta agli acquirenti all’interno del negozio.
In uno degli episodi ricostruiti e contestati a Carmine Polito c’è anche un’estorsione ad un’agenzia di scommesse situata a Cardito. L’uomo si sarebbe presentato sul posto e avrebbe detto al titolare: “Hai già qualcuno che ti protegge? Qua dobbiamo stare tranquilli tutti quanti…”.
Gli inquirenti hanno poi ricostruito un altro tentativo di estorsione effettuato ad una pizzeria, sempre di Cardito, insieme a Francesco Ullaro
I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE
L’operazione, condotta dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Casoria e del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli e si è conclusa con l’esecuzione di ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura partenopea. I sedici arrestati sono gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, estorsione ai danni di esercizi commerciali e privati cittadini, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione e porto di armi clandestine.
Tutti i reati contestati sono aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare e rafforzare il potere del gruppo camorristico che da anni opera incontrastato nel territorio di Cardito e dei comuni limitrofi. Le indagini, dirette dalla Procura di Napoli, hanno ricostruito una fitta rete di attività illecite messe in campo dal clan, in cui il controllo del territorio si traduceva in un vero e proprio racket totale basato sulle estorsioni ai danni di commercianti e privati cittadini. Migliaia di euro per continuare a lavorare. Parallelamente, il gruppo gestiva un articolato traffico di sostanze stupefacenti, rifornendo diverse piazze di spaccio nella zona con ingenti quantitativi di droga. Un aspetto particolarmente inquietante emerso dalle indagini riguarda le modalità violente con cui il clan imponeva il proprio potere e “metteva in
riga” chi si opponeva. Le spedizioni punitive non erano rari episodi isolati, ma azioni sistematiche, spesso messe in atto in luoghi pubblici come strade e bar, con l’obiettivo di terrorizzare le vittime e scoraggiare qualsiasi forma di ribellione o denuncia.