Home Cronaca Morto Messina Denaro, l’ultimo padrino della mafia stroncato dal tumore

Morto Messina Denaro, l’ultimo padrino della mafia stroncato dal tumore

Messina Denaro è morto, l'ex superlatitante era molto malato
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Matteo Messina Denaro è morto dopo una lunga malattia. Per l’ex superlatitante di Cosa Nostra i medici aveva sospeso le cure per il tumore al colon al IV stadio. Il padrino di Castelvetrano si sottopose alla terapia del dolore e alla alimentazione parentelare nella cella del reparto per detenuti dove è stato  sorvegliato a vista da decine di agenti delle forze dell’ordine. Messina Denaro è rimasto al 41 bis fino all’8 agosto, giorno del trasferimento nell’ospedale de L’Aquila.

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Messina Denaro sul letto di morte, l’ultima volontà: ha dato il suo cognome alla figlia ribelle 

La figlia di Matteo Messina Denaro ottenne di portare il cognome del padre. All’anagrafe non si chiamerà più Lorenza Alagna (dal cognome della madre, Francesca detta Franca) com’era stata registrata alla nascita, il 17 dicembre 1996, ma Lorenza Messina Denaro; non più “di padre ignoto”, bensì del capomafia di Castelvetrano arrestato lo scorso 16 gennaio dopo trent’anni di latitanza, adesso ricoverato in terapia intensiva all’ospedale dell’Aquila, dove l’8 agosto ha subito un altro intervento dopo il tumore al colon che l’ha colpito tre anni fa.

La donna ventisettenne, a sua volta diventata madre di un bambino di due anni, entra così ufficialmente nella stirpe del boss. Il quale in qualche modo l’aveva ripudiata, a voler usare questo termine, quando scrisse agli altri familiari: “Solo Lorenza è degenerata nell’infimo, le altre di cui so sono cresciute onestamente”.

“SONO FIGLIO DI UN MERCANTE D’ARTE”

Nega di aver fatto parte di Cosa nostra, respinge le accuse di stragi e omicidi, specie quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito rapito, strangolato e sciolto nell’acido dopo 25 mesi di prigionia, smentisce di aver mai trafficato in droga (“ero benestante, mio padre faceva il mercante d’arte”), sostiene che la sua latitanza è terminata solo per colpa della malattia: “Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia”.

L’INTERROGATORIO

In 70 pagine di interrogatorio, reso al procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e all’aggiunto Paolo Guido Matteo Messina Denaro non concesse nulla ai magistrati. Un verbale depositato nel giorno stesso in cui le condizioni di salute di Messina Denaro peggiorarono. Nel lungo verbale il boss mise subito in chiaro: “Escludo di pentirmi”. Accetta di rispondere alle domande, ammette solo quel che non può negare: il possesso della pistola, la corrispondenza con Bernardo Provenzano, la vita da primula rossa scelta per difendersi dallo Stato che lo accusa “ingiustamente” e poco altro.

LA CONDANNA ALL’ERGASTOLO

Lo scorso luglio Matteo Messina Denaro venne condannato all’ergastolo dalla corte d’assise d’Appello di Caltanissetta. Arrivò proprio nel giorno del 31esimo anniversario della strage di via D’Amelio, in cui morirono Paolo Borsellino e la sua scorta. Nella sentenza hanno dichiarato il boss colpevole di essere tra i mandanti delle Stragi del ’92. I giudici si riunirono in camera di consiglio e dopo circa sei ore emise la sentenza definitiva di condanna nei confronti del padrino. Il boss superlatitante di Castelvetrano fu condannato all’ergastolo per le stragi di Capaci e Via d’Amelio nel 2020.

Un processo lungo e complesso quello che vedeva imputato il super boss Matteo Messina Denaro arrestato lo scorso 16 gennaio 2023 dopo trent’anni di latitanza. Nello specifico l’accusa fu di essere stato tra i mandanti delle Stragi di Capaci e via D’Amelio. Stragi in cui persero la vita i giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e i membri delle loro rispettive scorte.

 

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