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domenica, Giugno 16, 2024
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Patti tra mafia, ‘ndrangheta e camorra per prendersi Milano, 11 arresti e 153 indagati

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Per il gip di Milano Tommaso Perna non esiste in Lombardia nessun presunto “patto” tra le tre principali organizzazioni criminali del nostro Paese – mafia, ‘ndrangheta e camorra -, come invece sostenuto nell’inchiesta coordinata dalla Dda milanese. Una tesi che ha portato il giudice a respingere 140 richieste di arresti per i 153 indagati e a disporre il carcere solo per 11 persone accusate di diversi reati, ma non per associazione mafiosa. La Dda ha fatto ricorso al Riesame per le richieste di custodia cautelare respinte.

Dollarino, al secolo Emanuele Gregorini uomo del clan campano-romano diretto da Michele Senese, non ha dubbi: “Qua è Milano! Non ci sta Sicilia, non ci sta Roma, non ci sta Napoli, le cose giuste qua si fanno!”. Dollarino sta parlando con Gioacchino Amico, siciliano con residenza lombarda, vicino ai Senese e agli uomini di Cosa nostra, sia palermitani che trapanesi. Amico aggiunge: “Abbiamo costruito un impero e ci siamo fatti autorizzare tutto da Milano, passando dalla Calabria da Napoli ovunque”. Le ambientali nascoste negli uffici della Seven Space di Busto Garolfo registrano tutto e fissano un punto: oggi esiste un sistema mafioso lombardo che raggruppa clan siciliani, calabresi e campani in una unica associazione, che condivide affari e società, gestite da professionisti comuni. E’ questa la rivoluzione copernicana proposta dalla procura di Milano, dal pm Alessandra Cerreti e dal Nucleo investigativo dei carabinieri di via Moscova diretto dal colonnello Antonio Coppola.

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La federazione della mafia sotto al Duomo – Non più dunque diverse associazioni, ma una super-associazione al cui tavolo milanese siedono i rappresentanti più influenti di Cosa nostra, ndrangheta e camorra. Una federazione, insomma, o meglio, come si ascolta nelle intercettazioni, “il consorzio”, termine già usato negli anni Novanta proprio per descrivere un’altra federazione mafiosa cresciuta e nata sotto al Duomo. Così come ha spiegato il pentito Salvatore Annacondia, detto manomozza riferendosi al passato: “Il Consorzio era la mamma di tutti i gruppi. Una realtà che andava oltre la ’ndrangheta e ricomprendeva ‘ndrangheta, pugliesi, siciliani, campani. Milano e la Lombardia erano la terra di elezione di questo Consorzio”. E se allora erano quintali di droga, oggi sono milioni di euro. I protagonisti di questo nuovo patto hanno in testa un solo obiettivo: fare soldi senza creare allarme sociale, e intimidendo solo quando è proprio indispensabile.

I nomi degli arrestati – Ora l’ipotesi dell’accusa è stata bocciata dal giudice per le indagini preliminare Tommaso Perna che nella sua ordinanza di oggi, circa duemila pagine (scritta a partire da aprile), ha accolto undici richieste di arresto su ben 153 proposte dalla Procura in una richiesta monster di oltre cinquemila pagine.

Finiscono così in galera: Gioacchino Amico, Francesco Bellusci, Rosario Bonvissuto, Giacomo Cristello, Giuseppe Fiore, Pietro Mazzotta, Dario e Francesco Nicastro, Massimo Rosi, Sergio Sanseverino, Giuseppe Sorce. I reati contestati a vario titolo sono: porto d’armi, due estorsioni aggravate dal metodo mafioso, una minaccia aggravata, traffico di droga, spaccio, ed evasione fiscale. Un dato senza precedenti e certo incomprensibile, visti gli atti dell’indagine, che non sminuisce la ricostruzione del pm, il quale contro questa ordinanza ha già proposto appello al tribunale del Riesame di Milano. Il gip ha disposto il sequestro di oltre 200 milioni di euro. Centinaia le perquisizioni in corso. Mentre la Procura sta notificando ai 154 indagati l’avviso di conclusione indagine.

Le cinque derivazioni del sistema – L’accusa individua ben cinque derivazioni che compongono il nuovo sistema mafioso lombardo. Da qui il nome dell’indagine: Hydra. L’inchiesta nasce a partire dal monitoraggio sulla riattivazione della locale di ‘ndrangheta a Lonate Pozzolo e si allarga seguendo un caso di lupara bianca. E cioé la scomparsa di Gaetano Cantarella, legato al clan Mazzei di Catania, ma secondo il pentito Emanuele De Castro collegato a Massimo Rosi, il quale su ordine del boss Vincenzo Rispoli, stava riattivando la locale di Lonate. Sceso a Catania il 3 febbraio 2020 e dopo aver incontrato Gioacchino Amico, Cantarella detto Tanu u Curtu scompare per sempre. Il fatto è rilevante perché apre nuovi scenari alla Procura che inizia a ricostruire le componenti del Consorzio. La prima è quella palermitana rappresentata da Giuseppe Fidanzati, detto Ninni, figlio del defunto Gaetano, già a capo del mandamento dell’Arenella, e da suo zio Stefano Fidanzati, ritenuto oggi il reggente del clan a Palermo. La componente trapanese porta il nome di Bernardo Pace e dei suoi due figli.

L’ombra di Messina Denaro – E poi c’è quella di Castelevetrano legata all’ex latitante Matteo Messina Denaro (catturato il 16 gennaio 2023 a Palermo) e rappresentata dal suo parente Errante Parrino, boss alla vecchia maniera che da decenni dirige i suoi affari dai tavoli del bar Las Vegas di Abbiategrasso e che qui incontrerà, con Denaro ancora fuggiasco, Antonio Messina detto l’avvocato, uomo vicinissimo all’ex primula rossa che stando alle indagini era coinvolta direttamente nella gestione degli affari lombardi. E questo per due motivi: la vicinanza diretta di Errante ai familiari del boss e diversi incontri che si tengono in Sicilia tra i protagonisti principali del Consorzio e Antonio Messina. Uno, quello del 2 febbraio, si terrà a Campobello di Mazara al bar San Vito a cento metri dal luogo che poi si scoprirà essere uno dei covi di Matteo Messina Denaro. Di Castelvetrano sono anche gli imprenditori Rosario e Giovanni Abilone che mettono a disposizione del cartello oltre duecento società, anche estere, per riciclare denaro e accumulare milioni di euro con crediti fittizi. Poi ci sono i fratelli Nicastro, legati alla mafia di Gela, da anni presenti nella zona di Varese, i catanesi della famiglia Mazzei, già collegati alla ‘ndrangheta. In particolare alla locale di Lonate Pozzolo, rinata per volere del boss Vincenzo Rispoli, oggi in carcere, e grazie all’opera di Massimo Rosi. La parte reggina è rappresentata dalla famiglia Crea, Santo e il figlio Filippo, legati alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, storicamente insediata nell’area brianzola di Desio. Infine la parte romana, certo la più numerosa, rappresentata da Vincenzo Senese, figlio di Michele e presente a Milano in moltissime occasioni, dallo stesso Amico e da Giancarlo Vestiti, il quale prima del suo arresto era l’uomo-cerniera per tenere assieme tutti i gruppi. Tanto che Filippo Crea gli dirà: “Guardate che voi siete al centro siete come epicentro di molti equilibri – voi siete l’epicentro di molti equilibri, per i figlioli, per noi per tutti!”.

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