Home Cronaca Truffe all’assicurazione in Campania, 37 indagati: poliziotto a capo del “sistema”

Truffe all’assicurazione in Campania, 37 indagati: poliziotto a capo del “sistema”

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aReferti finti e documenti falsificati per intascare i soldi dell’assicurazione. Trentasette persone sono indagate nell’ambito di una maxi inchiesta della Procura di Nocera Inferiore, tra di loro anche un agente di polizia. L’accusa maggiore, si apprende, è quella di associazione per delinquere, contestata a Domenico Vastola, poliziotto salernitano, e Luca Russo, Patrizia Albano, Elena Vigilante, Giovanni Scognamiglio, Claudio Oro, Assunta Di Palma, Luciano, Luigi e Amodio Vastola e Alfonso Martorelli. I primi due sono considerati promotori e organizzatori del giro criminale.

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Secondo quanto emerge, le truffe all’assicurazione venivano perpetrate nel territorio dell’Agro nocerino. Le menti dell’organizzazione gestivano tutti dettagli, fornendo documentazioni false con la compiacenza di medici. Così era possibile fornire alle assicurazioni le documentazioni falsificate che permettevano di incassare i premi assicurativi.

Gli altri indagati sono accusati di aver messo a disposizione conti correnti e indirizzi di domicili e residenze a cui recapitare soldi e documentazioni delle compagnie assicurative.

I fatti vanno dal 2013 al 2017. Il poliziotto, Domenico Vastola, è accusato anche di accesso abusivo a sistema informatico. Per cinque anni, in servizio presso l’ufficio Prevenzione della Questura di Milano e presso il commissariato di Quarto Oggiaro, avrebbe raccolto dati e informazioni su veicoli e persone attraverso la banca dati Sdi del Ministro degli Interni, usando le proprie credenziali. Le accuse contestate ai singoli indagati e a chi avrebbe avuto ruolo marginali sono diverse: falsità ideologica in certificati, sostituzione di persona e danneggiamento fraudolento. Tra i coinvolti nelle truffe all’assicurazione anche un avvocato, un infermiere dell’Agro nocerino ed un medico, quest’ultimo deceduto e in servizio sempre nel salernitano. Ogni singolo capo d’imputazione racconta come avrebbe funzionato il «sistema», il cui promotore sarebbe risultato essere proprio il poliziotto.

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