venerdì, Luglio 18, 2025
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«ODIO LE PROMESSE, MA AMO I MARINAI»
La riflessione. Le elezioni e le dinamiche della politica


Caro direttore,


consentimi, in questa mia lettera settimanale ad InterNapoli di fare alcune riflessioni sulle promesse della politica. Il mio pensiero corre subito a una ragazza conosciuta tanti anni fa e a una sua maglietta che era solita indossare con particolare fierezza. Sulle righe bianche e
azzurre c’era una grossa scritta, che le piaceva spacciare come la sua
filosofia: “Odio le promesse, amo i marinai!”. Da quella maglietta riuscivo
a immaginare come la pensasse su molte cose, tranne una: era di destra o di
sinistra? A quale politico lupo di mare andava il suo amore? Al più
inaffidabile credo.
Ora che le elezioni si avvicinano, temo che il dibattito si concentrerà al
100% sulle promesse fatte da chi governa e soprattutto su quelle che non ha
mantenuto. Stesso discorso vale per il centrosinistra.
A tuttora sono indeciso a chi dare il mio voto. Se però, nella
raffigurazione dello scontro, fossi costretto a scegliere tra un
millantatore impenitente e il suo censore a tempo pieno, allora non avrei
dubbi: scelgo il primo. Come quella ragazza. Perché? Per due motivi.
Il primo è banale: biasimare, anche a ragione, l’avversario non all’altezza
non vuol dire esserlo stato a propria volta quando ne è capitata
l’occasione. E’ una furbata misera per depistare dalle proprie
responsabilità e cavarsela senza troppa fatica: mi riesce insopportabile chi
avanza pretese dagli altri (anche dal più infame) senza prima farlo da se
stesso. Ogni promessa è un obbligo, d’accordo, ma, in caso di inadempienza
(mai giustificabile), può sempre essere concessa l’attenuante delle
difficoltà, dell’impegno profuso e del ruolo che ognuno è costretto a
recitare: chi non promette mari e monti viene poi accusato di non saper
scaldare i cuori! Paradossale, ma è così.
Il secondo motivo è più importante e si basa sul seguente ragionamento. Come
detto, tutte le parti cercano il consenso dispensando promesse di felicità a
piene mani e senza ritegno: accusare poi l’avversario di non averle
mantenute sottintende che compito della politica possa, anzi debba essere
quello di portare la felicità tra gli uomini. Questo è stato il presupposto
di tutti i più sanguinosi regimi autoritari della storia. In un paese dalla
democrazia compiuta, il rischio è un altro: la tentazione di delegare le
proprie speranze alla politica (al giorno d’oggi purtroppo a una classe
dirigente di tecnocrati, ragionieri e grigi funzionari), salvo poi gridare
al tradimento nel caso in cui esse vadano deluse. Altrimenti detto, la
caccia al colpevole che non ci risolve i problemi della vita nasconde questo
pericolo: giustificare un esonero dall’impegno quando esso è arduo,
concedere un condono assolutorio delle nostre colpe ed inerzie.
Mi spiego meglio con un esempio. In un mondo del lavoro così difficile e
competitivo, a un giovane sono richiesti piglio imprenditoriale e spirito di
adattamento per sopravvivere alla selezione e realizzarsi; allo stesso modo,
il manager d’azienda deve ripensare ogni giorno alla sua strategia e
collocamento in un mercato impazzito e globalizzato. E’ il compito di tutti
noi ogni giorno che andiamo a lavorare, in piccolo o in grande: o pensiamo
forse che i destini del giovane e del manager dipendano dai pochi spiccioli
di tasse risparmiati grazie a Berlusconi o dalla giustizia sociale di
Bertinotti e della sua benedetta patrimoniale? Questo è il tempo degli
uomini responsabili e volenterosi, non dei Veltroni di turno che vanno in
televisione, armati con i ritagli di giornale, a dire all’avversario: “Tu
hai detto questo e quello e poi non l’hai fatto!”. E si compiacciono pure
del loro argomentare pettegolo, che si alimenta con le parole come una
valanga con la neve.
Ma è possibile scannarsi per questo? E’ la vera politica? E i valori che
posto hanno? Mi sovvengono quei quattro capponi di Renzo, portati come
omaggio alla cucina dell’Azzacca-garbugli. E le povere bestie, ignare della
loro sorte, durante il tragitto, “s’ingegnavano a beccarsi l’una con
l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura”. Chi viene
contaminato dalle passioni di questa politica piccola e astiosa rischia di
fare la stessa fine. Cosa si preferisce: il politico delle promesse da
marinaio o quello che conduce i capponi alla mattanza? Meglio non perderci
sopra troppo tempo e dedicarsi invece ai propri affetti, alla ricerca della
conoscenza, all’impegno per il prossimo: essere esigenti con se stessi e
provare tenerezza per la mediocrità altrui, questa è la sfida. E quando
possibile, cantare una canzone per tenere alto il morale: “C’era una volta,
sai, Susan dei marinai…”