venerdì, Luglio 18, 2025
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UCCISI PER RANCORE, SI COSTITUISCE IL PADRE ASSASSINO
Il duplice omicidio ad Aversa. Voleva vendicare la morte del figlio


AVERSA. Si è costituito nella notte al Commissariato di polizia di Aversa l’uomo che ieri sera ha ucciso con una decina di colpi di pistola di grosso calibro, Felice Gravino, di 52 anni, ed il figlio di questi, Francesco, di 27 anni. Francesco Marino, di 53 anni, bidello in una scuola di Portoferraio (Livorno), ma originario di Aversa, si è presentato al locale commissariato accompagnato da un avvocato ed ha consegnato l’arma del duplice omicidio, una pistola calibro 9×21. L’arma era appartenuta al figlio Roberto, guardia giurata a Portoferraio, che circa quattro anni fa fu ucciso da un proiettile partito accidentalmente dalla pistola in dotazione a Francesco Gravino, anche lui guardia giurata del centro toscano. Marino – ha spiegato il dirigente del commissariato di Aversa, vicequestore Moia – non si sarebbe mai rassegnato alla morte del figlio, imputando a Gravino la responsabilità dell’incidente. Avrebbe serbato un profondo rancore nei confronti del giovane e dei suoi familiari che abitano nello stesso stabile di un complesso di case popolari, in una zona periferica di Aversa. Ieri sera, a poche ore dalla partenza per Portoferraio, dopo il periodo di ferie trascorso con i familiari ad Aversa, il raptus omicida. Ha incontrato nel cortile Felice e Francesco Gravino, si è armato della pistola del figlio, ed ha fatto fuoco più volte contro i due che sono morti all’istante.




UCCISI PADRE E FIGLIO, L’ARTICOLO DEL MATTINO




AVERSA. Padre e figlio hanno pagato con la vita una vecchia ruggine tra famiglie residenti nella stessa palazzina. Per vendetta, ieri sera, poco prima delle 20, il degrado dell’estrema periferia di Aversa, proprio al confine con Teverola, ha fatto da sfondo al duplice omicidio di Felice Gravino, 52 anni, e di suo figlio Francesco, 27 anni. Il capofamiglia avrebbe alle spalle un passato non tranquillo come guardia giurata, e in una sua azione dell’epoca potrebbe essere rintracciato il movente della tragedia. Oggi entrambi risultano manovali senza coinvolgimenti in vicende di camorra. Il rancore ha dato sfogo alla violenza e padre e figlio sono stati ammazzati a colpi di pistola. «Erano lavoratori onesti, alle prese con le difficoltà di sbarcare ogni giorno il lunario», raccontano ora i vicini. I due erano appena rientrati da una giornata di lavoro su un cantiere della vicina Teverola. Stavano scaricando gli arnesi e avevano parcheggiato la loro motoape nel garage ricavato al pianterreno delle palazzine di via Del Popolo, 9. Quel box ancora incompleto è diventato la loro trappola. Gli agenti del commissariato di Aversa, in collaborazione con i carabinieri del locale Gruppo, stanno cercando di ricostruire con esattezza cosa sia successo al loro ritorno a casa. Giù nel garage sarebbe arrivato l’assassino, che abita nello stesso stabile delle vittime, il fabbricato F di un enorme agglomerato senza identità, nell’area in cui si svolge la fiera settimanale. Ed è bastato poco per far scattare accuse reciproche. Stavolta non è servita la lite a sedare gli animi, l’odio durava da anni e il killer ha estratto la pistola, cominciando a sparare. Il primo a cadere sotto i colpi calibro “9 lungo” è stato papà Felice, freddato mentre era ancora nel box. Il giovane Francesco ha tentato una disperata fuga, ma è riuscito a percorrere solo pochi metri, quando è stato centrato alla testa da almeno due proiettili. Otto i bossoli repertati dalla Scientifica. «Sembravano fuochi d’artificio», ricordano i tanti testimoni della tragedia. Sul posto si sono precipitate due ambulanze del 118 di Aversa, medici e infermieri però non hanno potuto far altro che constatare il decesso di padre e figlio. Ma stavolta il silenzio non ha prevalso sull’orrore per le due vittime e così qualcuno ha visto e ha raccontato tutto alla polizia. Gli agenti ora cercano due uomini in fuga. Conoscono la loro identità e la cattura sembra solo questione di ore. Posti di blocco e perquisizioni sono già stati predisposti nella tarda serata di ieri. Un caso senza tanti misteri per gli investigatori, ma con un movente ancora da appurare con certezza. La famiglia Gravino è descritta da tutti come un nucleo semplice e unito: cinque figli, tre maschi (uno dei quali trasferitosi a Brescia per la mancanza di lavoro nell’agro aversano) e due donne, l’ultima di diciassette anni appena. Ieri sera le urla dei familiari hanno ammutolito i tanti curiosi e testimoni della vendetta: «Siamo gente onesta», ha continuato a gridare la signora Gravino, che in una sola sera di fine estate ha perso marito e figlio. Il suo dolore suona anche come un presagio: «L’avevo detto che dovevamo andare via da qui, lo sapevo io», è riuscita a sussurrare ai parenti tra le lacrime. Lei stessa forse alludeva a quella vecchia e mai sanata inimicizia con un’altra famiglia dello stabile. Tutti sanno dell’odio che covava e che è esploso in maniera mortale. I Gravino abitano al terzo piano del fabbricato F e una veranda lasciata mezza aperta è l’unico segno della fretta dei familiari, accorsi in strada subito dopo gli spari. Un anziano signore racconta: «Al primo piano c’erano le mie nipotine di appena due anni a giocare, hanno sentito i colpi e hanno pianto». La morte violenta è arrivata proprio in un periodo di gioia per papà Felice, contento perché finalmente gli era stata assegnata la pensione di invalidità per quel braccio rimasto offeso, quando si ferì mentre tagliava del materiale con una sega elettrica. E il capofamiglia aveva anche un altro motivo di serenità e orgoglio, come dicono i vicini: «Era soddisfatto per il nuovo lavoro presso una ditta di costruzioni, e finalmente anche suo figlio era stato assunto».

LORENZO IULIANO – IL MATTINO CASERTA 1 SETTEMBRE 2005