MELITO. «Amava la bella vita, le auto nuove, le moto di grossa cilindrata, i soldi facili e gli orologi costosi. Aveva sempre bisogno di soldi, al punto tale che quando le casse dei proventi delle estorsioni passarono nelle sue mani, la cinghia si restrinse attorno alla vita di decine di capifamiglia della zona del Perrone». È il profilo di Ugo De Lucia, secondo gli inquirenti fidatissimo del clan Di Lauro, capace di uccidere quattro uomini nel giro di una decina di ore. Per lui, il pm della Dda di Napoli Luigi Frunzio chiede la condanna all’ergastolo, al termine di un durissimo atto d’accusa sulla faida di Secondigliano. Un conflitto per la gestione del traffico di droga che ha colpito vite innocenti: tra queste quella di Gelsomina Verde, la ventiduenne uccisa e carbonizzata nella propria auto la notte tra il 21 e il 22 novembre alla fine di una spietata tortura perpetrata per ottenere informazioni utili sugli scissionisti, nella guerra per la droga che alcuni pentiti in una recente inchiesta hanno paragonato ad una sorta di «Vietnam» nostrano. Il pm ha chiesto l’ergastolo a carico di Ugo De Lucia, noto come il «mostro» o come Ugariello, in qualità di esecutore materiale degli omicidi di Domenico Riccio e Salvatore Gagliardi, consumati in una tabaccheria di Melito, di Biagio Migliaccio e della povera Mina. «Decine di persone sono state brutalmente uccise con una follia criminale che una persona normale non riesce a capire. Gli affiliati ai rispettivi gruppi erano nascosti o protetti – spiega il pm Frunzio – per questo motivo vennero realizzate vendette trasversali, colpendo persone estranee a vicende camorristiche». È il caso di Salvatore Gagliardi, che solo per caso si ritrova lì, in una tabaccheria gestita da Domenico Riccio, che in passato riciclava assegni per gli Abbinante di Marano passati sul fronte dei ribelli; è il caso di Gelsomina Verde, sul quale fa fede il pentito Esposito, secondo la riflessione del pm, che non offre però un movente a senso unico: «Uccisa perché poteva rappresentare un’esca nelle mani degli scissionisti per raggiungere il covo di Ugo De Lucia; oppure perché non aveva rivelato il covo degli avversari dei Di Lauro, o perché nel corso del tempo era diventata una testimone scomoda». Al termine della requisitoria, il pm ha chiesto circa duecento anni di cella per gli altri imputati, tra Arcangelo Abete, Gennaro Marino e per altri componenti della famiglia De Lucia. Ora la parola passa ai penalisti Dario Russo, Francesco Cioppa, Ercole Ragozzini, Vittorio Giaquinto, Luigi Senese, Saverio Senese, Michele Cerabona.
l.d.g. IL MATTINO 14 FEBBRAIO 2006