venerdì, Luglio 18, 2025
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LETTERA APERTA AL SINDACO CHE VERRA’

«Illustrissimo sindaco,

in questa fredda e piovosa giornata di marzo, desidero scriverle solo qualche riga per ricordarle che, oltre ad esistere (come uomo e come soggetto IRPEF), ho voglia di farle sapere anche cosa si aspetta dalla sua limpida figura un suo concittadino. Non la conosco personalmente, ma tutto lascia presagire che forse avremo modo di farlo fra qualche mese, perciò sarò paziente. Rimane comunque in me forte il desiderio di annotarle qualche piccolo appunto, che spero vorrà portare fra i suoi promemoria della prossima campagna elettorale. Prima di iniziare queste mie istanze, le voglio prima dare un suggerimento : appena mette piede nella Casa Comunale apra le porte e faccia in modo che ci sia una fattore di ricambio dell’aria molto alto. E’ importante che l’aria viziata esca fuori da ognuna delle stanze occupate dai vecchi politici e dai nuovi burocrati. Questo non solo farà circolare l’aria, ma permetterà altresì che insieme ad essa fluiranno le nuove idee. In questi ultimi dieci anni le porte e le finestre di piazza del Popolo sono state sbarrate per troppo tempo. Le riapra e non se ne pentirà. Le brevi note che voglio sottoporle non sono altro che uno scarno elenco, una sorta di post-it, il quale spero, sarà sempre incollato sulla sua agenda politica.

Comincio subito. In questi ultimi dieci anni ne abbiamo viste tante, di cotte e di crude. Cerchi di abituarci ad un altro stile. Abbia un diverso approccio sulle cose. Faccia in modo che ci sia meno approssimazione e più cultura (politica) nella gestione della cosa pubblica. Faccia in modo che i personaggi del sottobosco partitico, abituati a campare con la politica, non trovino più posto nella casa comune dei qualianesi. Dia qualche speranza in più ai giovani. Faccia in modo che le loro serate siano riempite non solo dallo struscio (che pure serve), ma anche da qualcosa che possa contare veramente nel loro futuro. Si sforzi di indicare loro che possono esistere strade ed opportunità diverse. Si sforzi ad ascoltare di più la gente comune, i commercianti, gli studenti e così via. Qualche buona idea verrà. Faccia capire a tutti che la poltrona di sindaco non è un trono dal quale scagliare anatemi o ricevere amici, parenti e guardaspalle, ma un posto dove istituzionalmente il primo cittadino amministra e decide.

Faccia capire cosa significa governare seriamente una città. Usi garbo, pudore e misura nell’esercizio del potere. Cerchi di tenere sempre la barra diritta e ci porti finalmente fuori dalle secche. Dia un respiro più ampio alla sua manovra politica. Non esistono solo assessori e consiglieri a cui dare conto, ma anche una larga fetta di cittadini i quali, ogni giorno, si aspettano delle risposte chiare. Coinvolga la società civile nelle discussioni che contano. “Cento persone sanno cento cose” diceva mia nonna. Com’è vero. Faccia in modo che la sala consiliare non diventi solo un luogo dove gli “addetti ai lavori” delle opposte fazioni si offendono a vicenda, ma faccia ogni sforzo affinché diventi il centro di una vera polis, dove discutere e programmare il futuro della città. Faccia in modo che il muro di incomunicabilità tra popolazione ed istituzioni cada una volta per tutte. Inizi ad stabilire anche un rapporto diverso fra i tanti professionisti, le tante imprese e le tante maestranze che lavorano per il comune. Non li tenga sotto ricatto come è successo fino ad oggi. Ridia loro la dignità per le buone opere prestate e per l’ottimo lavoro svolto. Per chiudere solo un ultima cosa. Non permetta, una volta eletto, che i soliti “zompano” sul carro del vincitore ed esultino insieme e lei e la sua squadra. Si stabilisca una volta per tutte (e definitivamente) chi ha vinto e chi a perso le elezioni. Mi fermo qui e la ringrazio per la sua cortesia e per la sua disponibilità».