giovedì, Luglio 17, 2025
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L’ITALIA RICORDA LE VITTIME DELLE MAFIE. DON CIOTTI: OCCHI APERTI SULLA GIUSTIZIA

E’ conto alla rovescia per l’undicesima edizione della giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie in programma oggi a Torino. Sara’ ancora una volta l’occasione per ribadire la solidarietà nazionale sulla questione della lotta alle mafie, e per rendere tanto più tangibile il filo che lega tutti i territori italiani nella memoria, nell’impegno e nella elaborazione di una cultura della legalità. Unico slogan: non c’è legalità senza qualità. Qualità del lavoro qualità della politica qualità dell’economia, qualità dell’ambiente, qualità della scuola, qualità urbana, qualità dell’assistenza. InterNapoli sostiene l’iniziativa promossa da Libera a favore della legalità. E dalle terre in cui viene realizzato il portale on-line – terre di camorra e sviluppo negato, ma anche di enormi potenzialità nascoste – lancia un messaggio di speranza. Attraverso le parole di don Luigi Ciotti.





INTERVISTA A DON LUIGI CIOTTI

Libera nos a mafia



“Non basta combattere la mafia bisogna sconfiggerla”. Don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera ricorda le parole pronunciate dal presidente Ciampi nel gennaio scorso nel corso dell’inaugurazione della piazza della memoria dedicata ai magistrati vittime delle stragi. Don Ciotti, dopo aver partecipato alla manifestazione contro la guerra di domenica, aprirà, martedì a Torino la Giornata della memoria in ricordo delle vittime delle mafie. “La mafia – afferma il fondatore del Gruppo Abele – non sarà mai sconfitta se non cambia profondamente la politica. E l’informazione televisiva dovrebbe avere un ruolo assai diverso dando voce a queste voci di libertà. Meno informazione vuol dire meno democrazia”.



Domenica 19 marzo, a tre anni di distanza dalla guerra in Iraq migliaia di pacifisti sono scesi in piazza per manifestare il loro rinnovato e determinato dissenso contro la guerra. Don Ciotti, che valore ha, in questo momento politico ed elettorale così delicato ribadire il proprio impegno per la pace?


Un valore enorme: è per riaffermare dei “no” chiari, netti e senza sconti per nessuno, alla guerra e al terrorismo. So che non siamo ancora riusciti a fermare la violenza ma di certo abbiamo seminato molti ‘granelli di verità’ nell’arco di questi anni. Granelli che crescono, si irrobustiscono, avvicinando così il tempo della pace e della giustizia. Ma per raggiungere l’obiettivo c’è bisogno del coraggio della denuncia e della parola. Migliaia di “no” ma anche di “si”, sì all’impegno, sì alla partecipazione e ad un sano protagonismo.

Lei è un uomo di chiesa. Perché un messaggio così alto come quello della pace è così difficile da raccogliere per gli stessi cristiani e per i non credenti?

Il Papa lo ha gridato con estrema forza e non a caso, nel giorno del suo insediamento ha mandato un messaggio forte e chiaro quando ha spiegato di aver voluto scegliere il proprio nome per riallacciarsi idealmente a Benedetto XV, che definì la prima guerra mondiale un’inutile strage. Questo è un monito per la chiesa affinché non si pronunci solo a parole; perché i cristiani devono impegnarsi ancora di più per costruire percorsi di pace. Pace, riconciliazione e giustizia sono valori alti, sono un programma chiaro davanti al quale le forze politiche non possono tirarsi indietro, nascondersi dietro sofismi, giochi di parole, calcoli elettorali…

”Votate la pace” è lo slogan che il quotidiano “Il Manifesto” ha utilizzato sabato scorso in apertura di pagina accanto ad un suo editoriale su guerra mafia e libertà. Agli elettori indecisi bisognerebbe forse consigliare di sostenere chi predica e pratica la pace in modo serio e senza compromessi?

Bisogna sostenere chi opera per sostenere percorsi di libertà. Sostenere l’altro partendo dalla sua libertà, non dalle dipendenze, dalle schiavitù, dalla privazione. Le guerre non rendono libere le persone; e le mafie creano ostaggi. Lo sfruttamento delle persone, il caporalato, il lavoro nero, l’usura, il racket, non rendono libere le persone. Dobbiamo creare le condizioni perché la gente sia libera. Abbiamo bisogno, paradossalmente, di “liberare la libertà”. Va sostenuto chi si impegna per questi percorsi di giustizia, chi applica la Costituzione, non chi la distrugge, chi afferma i diritti delle persone non rendendole fragili e deboli.

I telegiornali hanno praticamente ignorato la manifestazione per la pace e possiamo scommettere che, a parte le solite sparute eccezioni, i tg non daranno grande spazio alla giornata contro la mafia di martedì…

E’ un vero peccato. L’informazione è fondamentale. Senza ricerca della verità non si costruisce giustizia. La verità vuol dire informazione. E meno informazione vuol dire meno democrazia, meno partecipazione, meno conoscenza, meno strumenti per aiutare la crescita di un nuovo senso di consapevolezza civile e di appartenenza. E’ grave privare i cittadini del diritto di essere informati.

Il 21 marzo è la giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia. La mafia è un’altra guerra che si deve contrastare…

Una guerra che si deve fronteggiare e vincere. A metà gennaio il presidente Ciampi, a Palermo per inaugurare la piazza della memoria dedicata ai magistrati vittime delle stragi disse “non basta combattere la mafia bisogna sconfiggerla”. In questi dieci anni le mafie hanno fatto 2500 morti e 156 vittime innocenti. E noi abbiamo la responsabilità e il dovere della memoria. Una memoria che deve essere trasmessa e che non diventi retorica o celebrazione, ma impegno di tutti. Non è solo un problema di solidarietà. Questi problemi sono “cosa nostra”…

Avete presentato questa giornata come un’occasione per ribadire la necessità di una solidarietà nazionale sulla questione della lotta alla mafia. Lei ritiene che la stessa sensibilità della società civile appartenga anche al mondo politico?

Siamo tutti chiamati a fare la nostra parte; ma lo Stato e le istituzioni vanno costantemente tallonati affinché si assumano le loro precise responsabilità. E tuttavia c’è una quota importante di responsabilità che appartiene a noi come singoli cittadini e organizzazioni volontarie. E’ “il fare” che diventa la premessa per costruire la speranza. Quello che ci vuole è una vera e propria rivolta delle coscienze, una sfida culturale, risposte di sviluppo e di promozione sociale. Bisogna dire “Basta alla mafia”, non basta combatterla. E la prima mafia da combattere è quella delle parole. Di parole se ne sprecano tante…

“Loro sono morti perché noi non siamo stati abbastanza vivi”. Giancarlo Caselli, nel 1993 affermava questo concetto per esprimere la solitudine in cui Falcone e Borsellino si erano trovati ad operare prima di essere uccisi. Cosa possono fare la politica, le istituzioni, la scuola, l’informazione perché la memoria delle vittime della mafia non si disperda e non rimanga una semplice testimonianza?

Bisogna dare continuità a politiche vere e serie. Non dimenticarsi di quello che diceva Carlo Alberto Dalla Chiesa: “lo Stato – affermava il Generale dell’Arma dei Carabinieri, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982 a Palermo – dia come diritto ciò che la mafia dà come favore”. Lavoro, casa, un nuovo senso di protagonismo per i giovani. Una risposta che comincia con la giustizia sociale e che si caratterizzi come forte contrasto al gioco criminale. Servono strumenti nuovi e più efficaci che permettano alle forze dell’ordine di operare. Ma le mafie non moriranno mai se non cambia la politica…

Avete scelto Torino per la giornata nazionale di martedì. Non è una scelta casuale…

Carlo Alberto Dalla Chiesa era piemontese, come Bruno Caccia, procuratore capo ucciso dalla ‘ndrangheta… Torino è la città dove per anni ha lavorato Montalto, agente della polizia penitenziaria ucciso in Sicilia dalla mafia perché non aveva abbassato la testa. La città che ha visto partire per la Sicilia un piemontese come Giancarlo Caselli per andare a fare il suo dovere di Procuratore capo della Repubblica. Torino è la città di Mauro Rostagno ucciso nei pressi di Trapani perché gridava in televisione il suo urlo disperato contro ogni forma di illegalità.