Un patto per conquistare Napoli. Un patto per riorganizzare gli equilibri criminali al centro e in provincia, per costruire un solo asse nel mercato della droga. Scissionisti del clan Di Lauro alleati con gli scissionisti del clan Misso, per costruire un solo ponte nel mercato della droga e nella gestione del malaffare: al centro e in periferia, alla luce dei recenti arresti a Secondigliano e nel rione Sanità, con una logica capace di abbracciare i vicoli del ventre cittadino e gli edifici popolari dell’estremo hinterland metropolitano. È l’ipotesi battuta dagli inquirenti sul doppio omicidio di Ciro Fabricino e Ciro Fontanarosa in via Labriola, entrambi legatissimi al clan Di Lauro. Sullo sfondo del raid di due giorni fa, l’incubo della rottura della tregua imposta dal boss Paolo Di Lauro e la ripresa in grande stile della faida che ha consumato più di cinquanta vite in pochi mesi. Tre omicidi, un botta e risposta in pochi giorni – partendo dall’assassinio dello scissionista Carmine Amoruso nel bingo di Mugnano lo scorso cinque marzo – bastano ad infrangere la pace, ma anche ad ipotizzare scenari inquietanti: l’aggressione armata all’ex feudo del clan Misso, grazie ad appoggi logistici di famiglie alleate, finora rimaste a guardare. I famigerati «capitoni» del clan Lo Russo di Miano pronti a dare sostegni logistici e a fornire manodopera nel ponte che lega i ribelli di Secondigliano e quelli della Sanità. È lo scenario delle faide incrociate, in un’inchiesta che supera steccati investigativi, come spiegato dagli inquirenti guidati dal procuratore Giovandomenico Lepore e dal procuratore aggiunto Franco Roberti venerdì scorso, dopo gli arresti del clan di Salvatore Torino e dei suoi uomini più fidati in vico Supportico Vita alla Sanità: «Le due faide si assomigliano e non si escludono collegamenti tra quanto sta accadendo al centro storico e a Secondigliano». Qualcosa in più di ipotesi o di semplici sospetti. Si lavora su dati di fatto: i circuiti dello spaccio portano alla Spagna, fonte inesauribile di droga sia nella guerra di Scampia che in quella del rione Sanità – hanno spiegato i pm napoletani in presenza del sostituto della Dna Lucio Di Pietro -, quindi chi controlla il mercato spagnolo controlla anche i fiumi di denaro cittadino. Un motivo valido per rompere la tregua, alla luce delle retate messe a segno in questi mesi da polizia e carabinieri, che hanno creato spazi vuoti ai vertici dei rioni napoletani. «Napoli sta a guardare che succede tra Secondigliano e la Sanità, nessuno si schiera, stanno tutti in attesa»: è il senso della «imbasciata» fatta dal latitante Gennaro Mazzarella a Salvatore Torino lo scorso 26 dicembre, in un’intercettazione ambientale destinata a fare storia. Intanto, l’attenzione a Scampia resta altissima. Tant’è che è stato fermato e rilasciato poche ore dopo gli omicidi di via Labriola uno dei protagonisti della prima ora nella guerra di Scampia: la polizia aveva infatti fermato Vincenzo Notturno per la prova dello stube. Il suo nome è legato alla caccia all’uomo dei Di Lauro che sfociò nel barbaro omicidio di Gelsomina Verde, torturata e uccisa il 21 novembre del 2004 per non aver fornito particolari sul rifugio dei fratelli Notturno. Odi e rancori che ritornano e che vanno oggi inquadrati in una strategia di guerra totale.
LEANDRO DEL GAUDIO
AMATO: UNITI DALLO STESSO SOGNO DI POTERE
Giovani e cocainomani, killer di vent’anni pronti a conquistare Napoli: giudice Amato, esiste una strategia globale per dominare Napoli? «A Napoli esiste una struttura orizzontale nella quale si ramificano alleanze sulla base di interessi comuni». Il pm Sergio Amato (nella foto) ha recentemente firmato la retata che ha smantellato il clan Torino, quello degli scissionisti della Sanità, e sta conducendo il processo sugli agguati del primo giugno del 2004 a carico di Salvatore Razzano e Giuseppe D’Amico sulla tangenziale all’altezza di Chiaiano. Sul suo tavolo le guerre del centro e della periferia trovano straordinarie convergenze. Dopo gli omicidi di martedì a Scampia e i recenti arresti al rione Sanità qual è lo scenario in città? «La Spagna come canale di approvvigionamento della droga unisce gli scissionisti di Scampia e della Sanità, è chiaro. Poi le retate contro i Misso e il clan Torino hanno creato un’occasione irripetibile: aggredire il centro storico. È il sogno di sempre della camorra di Secondigliano, che consiste nel conquistare i mercati illegali di Forcella e della Sanità». Non è un disegno facile da realizzare: chi sta con chi? «Nelle due faide incrociate la testa di ponte è rappresentata dal clan Lo Russo di Miano e Capodimonte. Secondo le informative raccolte finora, i ”capitoni” hanno fornito appoggi logistici per almeno un omicidio del conflitto registrato alla Sanità. Senza anticipare profili di colpevolezza, quello dei Lo Russo al clan Torino è stato un appoggio naturale». E ora, dopo l’arresto di Salvatore Torino? «Spazi vuoti non esistono. O meglio, si cerca di colmarli subito, specie dopo arresti eccellenti. Anch’io credo che i morti di questi giorni siano legati al pressing sul centro storico da parte della camorra dell’area settentrionale». Cos’è che unisce gli scissionisti del centro e della periferia? «Tanto per cominciare la Spagna. È un crocevia strategico per gestire il business milionario della cocaina e di altre sostanze stupefacenti che entrano in città. Dalla Spagna passa la droga proveniente dal Sudamerica e dall’Africa. La fonte è la stessa e chi la controlla all’origine controlla l’intero mercato cittadino». Nelle indagini sul clan Torino c’è un’intercettazione in cui si parla di spartizione di potere tra due boss: Napoli resta una grande torta da tagliare a fette? «Come ai tempi di Cutolo, c’è chi dall’esterno punta a dominarla. Anche a costo di una guerra».
l.d.g.
La droga e il terrore legge degli «spagnoli»
di GIUSEPPE CRIMALDI
Cielo di piombo su Scampia. La pioggia ha lavato via anche l’ultima traccia di sangue versato ventiquattr’ore fa su via Labriola. Nessuna traccia dell’agguato commesso a due passi dalla caserma dei Vigili del Fuoco; è scomparso pure il vetro polverizzato dai proiettili che i killer hanno sparato contro il lunotto posteriore della Smart sulla quale viaggiavano Ciro Fontanarosa e Ciro Fabricino, vittime designate degli scissionisti. Alle quattro di un pomeriggio livido l’unico colore che risalta tra i palazzi anonimi che delimitano il nuovo regno della cosca vincente è il blu intermittente dei lampeggianti accesi delle volanti. Polizia ovunque. In divisa e sulle auto civetta delle «Siena-Monza», le pattuglie della Squadra mobile che dalla notte scorsa non smettono di dragare il fondo di una palude sempre più torbida. In queste sabbie mobili di camorra è sempre più facile affondare. Tra i silenzi della gente, che non vede, non sente e non parla; ma che riesce a muoversi – e bene – quando si tratta di dare una mano ai killer in fuga, ostacolando la polizia che li insegue. È già successo. Si è ripetuto anche due giorni fa. Succederà ancora. Cielo di piombo e pioggia su Scampia. Ma gli affari non si fermano. Anzi, prosperano. Oggi si contano almeno 27 «piazze» attive per lo spaccio di droga. Eroina, cocaina, hashish, crack, kobrett, marijuana, acidi e pasticche: non manca nulla. Il grande supermarket dei sogni artificiali non chiude mai i battenti, nemmeno all’alba. «I punti di spaccio? Sono cresciuti rispetto a un anno fa», conferma un investigatore che ben conosce l’ambiente. È la «politica» dei vincitori. Mossa dopo mossa come in una snervante partita a scacchi, gli scissionisti hanno occupato tutte le caselle. Tra queste compare ora pure il Parco Minerva, considerata una delle «zone residenziali» di Scampia. Ora si spaccia anche lì. In questo tragico Risiko giocato a colpi di agguati mortali e di spaccio di droga le regole sono ovviamente impopste dai vincitori. E i vincitori sono sempre loro, gli uomini di Raffele Amato. «Ciruzzo» sarà ancora milionario, ma dietro le sbarre non fa più paura come prima. La faida ha consegnato lo scettro del comando ai nuovi ràs di Scampia. Riorganizzare la rete di connivenze e complicità è però impresa difficile pure per chi è stato in grado di polverizzare un sodalizio forte e strutturato come quello dei Di Lauro. E allora si deve fare di necessità virtù: assoldando, per esempio, «i tossici» che arrivano da ogni parte della provincia di Napoli come di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta per affidare loro compiti di sentinelle. Prestazioni a cottimo di camorra. Io ti regalo le dosi, tu mi tieni a bada la «piazza». Una sorta di baratto scellerato. Pare che funzioni. Anche perché la selezione è rigorosa: fuori gli irrecuperabili, i più obnubilati che a nulla servirebbero; dentro le nuove leve, quelle che ancora distinguono uno sbirro da un comune passante. Alle cinque della sera il commissariato di Scampia, che sembra un bunker nella stessa piazza d’armi che ospita la circoscrizione, è tutto un andare e venire di macchine della polizia. «Sono in corso numerose operazioni», si limita a precisare un funzionario. Ha borse gonfie sotto gli occhi, segno evidente di una nottata trascorsa sotto la luce a neon degli uffici che non hanno chiuso mai. «Operazioni» sta per rastrellamenti: che è il termine più preciso per indicare che – sotto l’apparente imperturbabilità del cielo di piombo sopra Scampia – qualcosa sta succedendo. Succede che gli appartamenti occupati dalle famiglie degli scissionisti vengono passati al setaccio; e che decine di pregiudicati e personaggi già noti alle forze dell’ordine vengono accompagnati negli uffici di polizia per accertamenti. Per molti di loro scatta anche un esame particolare: lo «stube», la più moderna e attendibile variante del più noto guanto di paraffina. Si cercano i killer. Si incontrano quei pochi confidenti ancora in grado di fornire indicazioni utili alla soluzione delle indagini. La partita è solo iniziata.
IL MATTINO 24 MARZO 2006