venerdì, Luglio 18, 2025
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«BASTIANO, FU OMICIDIO VOLONTARIO» L’ANALISI DEL PM: CI FU’ PREMEDITAZIONE

Non si trattò di una bravata istintiva del «branco». Non fu una reazione immediata ad un torto subito, un affronto da liquidare in modo plateale, ma una vera spedizione punitiva con target e protagonisti ben definiti: uccidere chi aveva osato consumare una tentata rapina nel proprio territorio, violando la prima legge imposta dalla malavita organizzata. Un assassinio premeditato, al quale presero parte tutti i componenti del «branco», ritenuti responsabili del delitto di un rapinatore quattordicenne, ritenuto «reo» a sua volta di aver provato a portare via il motorino alla persona sbagliata. E soprattutto nel posto sbagliato. Omicidio di Sebastiano Maglione, la svolta si registra in aula, dinanzi al gup Primavera del Tribunale di Napoli, dove si sta celebrando il processo con il rito abbreviato per i presunti responsabili della morte di «Bastiano», il rapinatore di quattordici anni ammazzato a Mugnano il dieci marzo dello scorso anno. Una svolta nelle indagini che portano la firma del pm Luigi Alberto Cannavale, magistrato di spicco del pool della Dda guidato dall’aggiunto Franco Roberti, che aggrava lo status degli imputati per l’ennesimo rigurgito di violenza metropolitana che catapultò l’hinterland partenopeo sulla ribalta nazionale. Ieri mattina, infatti, il pm ha formalmente contestato l’aggravante della premeditazione a carico dei cinque imputati maggiorenni, vale a dire Raffaele Marrone, (ritenuto responsabile materiale del delitto) Domenico Tammaro, Alberto Iavazzo, Gennaro Iavazzo, Alberto Vallefuoco. Un aggravante che rende tutto più difficile in sede difensiva e che consente al pm di alzare decisamente il tiro in fase di requisitoria. A porte chiuse, il prossimo tredici aprile, il magistrato potrebbe anche chiedere il massimo della pena – fino a trent’anni di reclusione – sostenendo l’accusa di omicidio volontario aggravato dai metodi mafiosi e dalla premeditazione. Una curva pericolosa in aula, dunque, che nasce dagli accertamenti investigativi compiuti nel corso degli ultimi mesi dal pm, che ha riletto la dinamica della rappresaglia consumata a marzo dello scorso anno. Erano da poco trascorse le quattro del pomeriggio quando Sebastiano Maglione tentò di rapinare il motorino ad un suo coetaneo. La vittima riuscì a sfuggire e fece in tempo ad arrivare nel bar che era solito frequentare. Terreo nel viso, sguardo stralunato fu avvicinato da alcuni amici più grandi, ai quali spiegò l’esperienza vissuta pochi minuti prima. «Mi volevano rapinare il motorino – spiegò ai più grandi – erano due di un altro paese». Tanto bastò per far scattare la vendetta, con un carosello di almeno otto persone in sella a motorini e a bordo di un’automobile. A guidare il «branco» – secondo il pm – fu il trentenne Marrone, difeso dal penalista Giuseppe Pellegrino, che ha sempre sostenere la propria estraneità alle accuse. Secondo l’accusa impugnava una pistola e aizzava il branco esplodendo colpi in aria. Fu il preludio di un omicidio che secondo l’accusa venne consumato con premeditazione, in un’inchiesta dalla quale si salvano invece i tre minorenni che hanno ottenuto la messa alla prova.



LEANDRO DEL GAUDIO – IL MATTINO 25 MARZO 2006