Continuo coi ricordi di quelle osterie ormai scomparso da questa che è diventata periferia sub urbana e la cui identità serve solo a chi ne deve trarre i calcoli elettoralistici.
In questi giorni ho ricevuto varie lusinghiere attestazioni di gradimento per gli appunti pubblicati .
Taluni mi hanno arricchito con ulteriori contributi e mi hanno permesso di aggiungere altre “perle ” a quella collana di momenti ormai perduti.
Invero c’è anche chi ha tenuto a precisate che i suoi ricordi sulle cantine e sulle abitudini di cui si parla, non sono tuttora dei più felici poiché, andare a “raccattare” un genitore nelle condizioni di incoscienza causate dal troppo bere, magari fra i non lusinghieri commenti di chi assisteva, non è gratificante e lascia un logico strascico di amaro che è lontano dalle celebrazioni dei “bei tempi passati”. Ma anche questo è un ricordo legato a quel fenomeno di cui si parla va condiviso per onore di verità pur nella necessità di dover contestualizzare. Parliamo sicuramente di un epoca dove i divertimenti erano davvero pochi e questi luoghi di ritrovo erano anche luoghi dove oltre che bere, ovvero con il pretesto del bere un bicchiere di vino, molti si sottraevano alle intemperanze domestiche e sociali e con poca spesa si impegnava il tempo con giochi che a raccontare sembra parlare di giovani e adolescenti. Eppure di UOMINI SI PARLA!
“OMM E CANTINA” era un appellativo che tributava una particolare e speciale attestazione di esperienza e raccontava un “saper vivere” e saper gestire le situazioni anche critiche con maturità e presenza di spirito.
“OMM E CANTINA” era colui che sapeva stare in piedi mantenendo il contegno e non certamente l”ubriacone che invece veniva deriso (ma solo se la sua abitudine fosse cronica).
In particolare, il modo di saper stare ai “giochi” tipici, era anche un motivo di vanto e selezione di chi poteva avere la stoffa di leader.
LA MORRA, IL TOCCO, IL SOTTO E PADRONE, Erano :GIOCHI PROIBITI “nei locali autorizzati a intrattenimento e, in particolare la “MORRA” era derivata dai passatempi dei carcerati e dei marinai che potevano giocarci senza dadi o carte (strumenti che venivano puntualmente sequestrati e diventavano prova in processo di un eventuale infrazione al rigido divieto del gioco d’azzardo che aveva conseguenze disciplinari e anche penali). Saper giocare il semplice gioco del “sasso e della mano ” che richiede velocità e prontezza ma anche rispetto per le regole, voleva dire sapere se si manteneva la prontezza dei riflessi indispensabile per essere leader ovvero :”guappo” . La risaputa e dimostrata perizia nel gioco e nel non farsi scorgere da chi osservava da fuori, poteva anche significare che non si aveva a che fare con una spia del potere. Non per niente , il nome della più spietata organizzazione criminale, che mantiene i riti di iniziazione e selezione dei suoi adepti, proviene dal banale gioco tipico di osterie e carceri : “CA-MORRA”.
IL TOCCO ” era la banale “conta ” che, come gli altri giochi di pura casualità dove l’abilità era molto relativa, poteva generare facilmente malcontento e , in presenza di contese non permetteva la verifica della regolarità.
Il proibizionismo è stato però sempre, paradossalmente, un occasione di propaganda e così succedeva che questi giochi venivano fatti nel chiuso dei locali magari destinati a deposito di botti e bottiglie dove la posta poteva essere il consumo del contenuto di questi recipienti e tenuto conto che i controlli erano, opportunamente bonari.
Il gioco dei “ruoli” del “SOTTO E PADRONE “, aveva un fascino particolare poiché stabiliva i ruoli ma anche li metteva in discussione e le regole semplici richiamavano al rispetto degli stessi ruoli di comando e di obbedienza.
Capitava talvolta che colui che nel consesso sociale subiva l’autorità, reclamasse e gestisse il ruolo del “padrone” e così riscattava la frustrazione subita o poteva succeder il contrario e il “leader” poteva dimostrare che non portava rancore se in un gioco subiva.
Poteva capitare che un partecipante fosse costretto all’astinenza totale pur dovendo pagare tutta la bevuta dei cinque sei avventori e poteva pur sempre succedere che si era costretti a bere e a dimostrare i propri limiti di sopportazione. Non mi riesce ad analizzare i contenuti di queste pantomime e non ne conosco tante regole (magari qualche paziente lettore può suggerire ), Posso però serenamente testimoniare che il modo di stare e sopportare il divertimento del gruppo che poi era disposto a “stare al gioco ” equivale va alla stima e all’affidamento riconosciuto a chi veniva descritto come “ASSIGNITO ” ovvero Persona che sa sopportare il vino o la privazione .
I permalosi, i tignosi, i litigiosi o coloro che non tenevano il vino erano snobbati e allontanati dalle regole del gruppo che poteva essere anche di lavoro.
Un occasione quindi per rimanere bambini fra i grandi in un luogo che viveva nella realtà sfruttando fantasia e fanciullezza ma con cipiglio da adulti.
Fatti, usanze e personaggi insomma non più attuali ma, mi sia consentito, quando vedo un mio coetaneo con i pantaloni strappati per moda e per imitare i vezzi dei figli, quando sento storie di rovina dovute alle ludopatie, talvolta rimpiango quei personaggi che sceglievano quei luoghi riservati di complicità per saggiare e mostrare i loro reali caratteri e la loro affidabilità con i fatti perché :non c’è cosa più seria del gioco! “.
di Enzo Faiello