Tregua rotta alla Sanità e non poteva essere altrimenti dopo la stesa della settimana scorsa in vico Cangiani e il commando intercettato la scorsa notte a pochi metri da piazza San Sanità ‘confine’ tra i territori dei due clan che si stanno spartendo da due anni il rione, i Vastarella e i Sequino. Proprio il patto di non belligeranza siglato dai due gruppi sembra essere stato infranto, un accordo maturato quando i due clan decisero di spartirsi il quartiere insieme al gruppo di Piero Esposito.
Le due famiglie venivano da decenni di contrapposizione con i primi per anni confinati tra Melito e Secondigliano e da poco rientrati alle Fontanelle loro storica roccaforte, e i secondi, nipoti di Giulio Pirozzi (storico esponente del clan Misso-Savarese) che nel tempo avevano visto crescere in maniera sempre più proficua il loro carisma criminale. Fu un’alleanza di comodo, un patto dettato dall’occorrenza. Quell’accordo fu suggellato da un incontro tra i vertici delle due famiglie che, per assicurarsi reciprocamente ed evitare sorprese, stabilirono che i due rampolli, figli maschi dei due capiclan, fossero scambiati a garanzia del patto per essere poi ‘liberati’ una volta formalizzata l’intesa. Un modo per proteggersi, un mezzo per garantire la prosecuzione degli affari con la creazione di un trinomio che avrebbe per mesi controllato i traffici illeciti nel rione, un accordo su base tripolare poi tramutatosi in controllo a due quando Piero Esposito fu ucciso in piazza Sanità.
Da allora la sua famiglia e gli affiliati a lui legati sono stati marginalizzati, cacciati dal quartiere nonostante l’escalation di violenza (culminata con la strage di via Fontanelle dello scorso aprile), nonostante il gruppo di Pierino, quello dei cosiddetti ‘barbudos’ fosse passato sotto la reggenza del suo figliastro, Antonio Genidoni. Progressivamente tra i Sequino e i Vastarella si cementificò un’intesa frutto del mero interesse e di quel patto siglato sulla vita di chi, secondo certe logiche di malavita, dovrebbe portare avanti il nome della famiglia. Non si sono mai fidati, tra loro c’è sempre stata diffidenza e quel patto è il segno più chiaro di quanto fossero precari gli equilibri criminali. A testimonianza di quest’accordo machiavellico anche alcune intercettazioni come quella tra Addolorata Spina, madre di Genidoni, e il figlio con cui la donna racconta come tentarono di cacciarla dal quartiere: «Sono arrivati sotto al mio palazzo trenta motorini, ci hanno dato sei ore per abbandonare la zona». E ancora: «Ci stava Fabio (Vastarella), Agostino (Riccio), Ciro o’ magall (Ciro Esposito), tutti i Miracoli, Gianni Gianni (Giovanni Sequino) e Peppe Vastarella, tutti…tutti». Parole chiare che confermano che a quel tempo i Sequino e i Vastarella avevano il comune interesse a spartirsi la zona. Accordo saltato da tempo con i Vastarella segnalati sempre più in compagnia di esponenti della famiglia Mauro dei Miracoli e i Sequino arroccati tra via Santa Maria Antasecula e via Arena alla Sanità dove sabato scorso è rimasto ferito Giovanni Sequino, segni evidenti che quello ‘scambio’ di ostaggi non ha salvato quell’alleanza d’interesse. Intanto le forze dell’ordine sono sulle tracce dei depositi clandestini di armi. Ne dispongono sia i Vastarella che i Sequino. Il gruppo Mauro dei Miracoli, più piccolo, al momento è indicato come vicino al gruppo delle Fontanelle anche se non ci sono al momento riscontri oggettivi circa un loro coinvolgimento nei recenti episodi di cronaca.