giovedì, Luglio 17, 2025
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I fondi neri del clan Mallardo in un conto sospetto del socio di papà Boschi. Lui: «Non parlo»

«No, no… Non parlo. Non ho niente da dire». Così Pier Luigi Boschi, che non risulta indagato, risponde a proposito di quanto pubblicato oggi da alcuni quotidiani sull’inchiesta della Procura di Napoli per riciclaggio dei beni del clan camorristico Mallardo. Tra gli indagati ci sarebbe, secondo i quotidiani, anche Mario Nocentini, 64 anni, imprenditore edile di Montevarchi (Arezzo), cointestatario di un conto corrente con Boschi, padre del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi. I magistrati avrebbero controllato i conti correnti di alcune società di Nocentini. Almeno uno di questi conti, alla Banca del Valdarno, sarebbe cointestato a lui e Boschi.
La Procura di Napoli aveva chiesto il sequestro del conto, insieme a molti altri riconducibili a Nocentini, ma il gip ha respinto la richiesta. Boschi, si legge sui quotidiani, non avrebbe avuto nessun rapporto diretto con gli emissari o i prestanome del clan.

E’ bene chiarire che Boschi, noto banchiere, è totalmente estraneo a qualsiasi ipotesi di accusa contenuta nell’inchiesta. Nel suo nome, gli 007 dell’Antimafia che erano a caccia di come e dove il boss avesse ripulito i milioni di euro guadagnati con traffici illeciti, si sono imbattuti compiendo accertamenti sui conti correnti di un imprenditore toscano, Mario Nocentini.
In particolare sono due i conti correnti che hanno portato al padre del sottosegretario. Conti accesi presso la Banca del Valdarno. Uno è intestato a più soci, tra i quali Nocentini e Boschi. Un altro risulta intestato soltanto a Boschi e Nocentini. Il riferimento è a una vecchia società che risale a più di venti anni fa, a quando Pier Luigi Boschi era segretario della Coldiretti. Sotto i riflettori la società L’Orcio, che aveva richiesto un finanziamento per la realizzazione di un camping, opera che non fu poi attuata e per la quale è in atto la restituzione della somma.
Un insospettabile imprenditore, Domenico Pirozzi (indagato), il boss ha investito ingenti capitali in Toscana, in particolare ad Arezzo. Individuano, gli inquirenti, due società con sede a Figline Valdarno che secondo l’accusa «sono state create e stabilmente utilizzate per un decennio circa ai fini del riciclaggio e del reimpiego in attività economiche lecite di capitali provenienti dalle casse del clan». Una delle società è la “Edil Europa 2 srl”.