«Gaetano, questa te la manda mio fratello ‘o cines. Per cines intendeva Ciro Abrunzo, ucciso a Barra, per fargli capire che lo voleva vendicare. Mi disse che gli aveva scaricato tutto il caricatore addosso e che dopo lui ed Montanera decisero di non recarsi all’appoggio fornito dal loro complice per andare direttamente al Parco Verde di Caivano presso l’abitazione che Antonio Ciccarelli gli aveva messo a disposizione». Inizia così il racconto ai magistrati di Maurizio Ambra, altro collaboratore di giustizia (ed ex affiliato al gruppo dei Sette palazzi) che ha aiutato gli inquirenti a ricostruire i retroscena dell’omicidio di Gaetano Marino.
Non fu comunque un’esecuzione semplice, nacquero ben presto degli intoppi:«Abbinante mi disse che della pistola usata di cui non mi fornì altri particolari, se ne era disfatto in autostrada, dopo averla smontata e che se ne era rientrato a Napoli prima che venisse bloccata tutta Terracina. Mi disse che lui invia un sms a Pasquale Riccio che si trovava presso l’appoggio fornito dal Cinese, dicendo: ‘Ci vediamo a casa’. Abbinante mi disse che con Riccio c’erano Gennaro Abbinante (figlio di Guido) e Salvatore Baldassarre, vengo quindi a sapere per la prima volta del coinvolgimento di queste tre persone nell’omicidio Marino. Poi mi disse il motivo per cui Riccio era preoccupato, perchè quando lui aveva sparato ‘o cines e Ciotola erano a bordo dell’auto del Riccio, una Fiat Punto del 2002, tre porte, colore grigio chiaro e paraurti grigi. Abbinante mi disse che i due, sentiti i colpi, avevano sgommato per la paura ed avevano attirato l’attenzione delle persone che si erano presi numero di targa di polpettone e la Squadra Mobile di Roma era risalita a lui».