Tra i pentiti che hanno raccontato retroscena sulla faida di Scampia c’è Carmine Cerrato. Ha iniziato a collaborare con la giustizia nel mese di giugno 2010. Egli ha confessato la propria partecipazione -a partire dal 2003 – al clan Di Lauro, egemone nel territorio del quartiere Scampia sino alla fine del 2004, quando -a causa di contrasti verificatisi tra i figli di Paolo Di Lauro ed autorevolissimi esponenti del clan, quali Raffaele Amato e Cesare Pagano (con cui è imparentato) – ebbe inìzio quella che è nota come la fampsa faida di Scampia, contrassegnata da un’impressionante serie di omicidi, taluni di particolare efferatezza.
Cerrato passò nelle file degli “Scissionisti” (Amato -Pagano), che hanno conquistato, nel giro di alcuni mesi, l’egemonia malavitosa non solo in parte del quartiere Scampia, ma anche in alcuni comuni dell’area settentrionale della città di Napoli. Della complessa organizzazione, strutturata in sottogruppi dislocati nei vari territori, Cerrato ha fornito ampia rappresentazione, indicando pure le articolate modalità attraverso le quali venivano acquistate all’estero e distribuite in città notevolissime quantità di stupefacenti. Particolarmente accurata è risulta la narrazione di molteplici episodi omicidiari, sondatisi sia a cavallo del 2004/2005 che nel 2007, quando ebbe luogo un secondo scontro violentissimo tra il clan Di Lauro e quello degli “Scissionisti”, a partire dal duplice omicidio MONTANINO SALIERNO.
Scampia- Secondigliano, un binomio inscindibile almeno quando si parla di camorra e di droga.
Dalla prima faida di Scampia ad oggi si è registrata una rivoluzione camorristica nell’area a nord di Napoli, la cui striscia di sangue è stata arrestata soltanto il nome del Dio Denaro.
Accordi sul traffico e sullo spaccio di droga che hanno cambiato gli equilibri criminali più volte, come si evince dalle parole del collaboratore di giustizia Carmine Cerrato, meglio noto come Taekwondo, cognato del superboss scissionista Cesare Pagano.
Il collaboratore di giustizia che più di tutti è riuscito, a parere della Dda, a ricostruire i rapporti tra i narcotrafficanti e i vertici del clan Amato-Pagano, compresi i rapporti con i gruppi di malavita di Napoli città, è stato Carmine Cerrato.
Ha riferito, tra l’altro, della “società” costituita tra i componenti del sodalizio criminale per reinvestire in attività imprenditoriali e commerciali gli utili derivanti dalla smercio di droga e in particolare di cocaina. Inoltre, il pentito ha saputo fornire a inquirenti e investigatori un’idea precisa sulla portata dei guadagni dei soci. Negli interrogatori del 16 aprile 2014 e in quelli successivi, tra maggio e giugno, Carmine Cerrato è entrato nel dettaglio della “società di affari di cocaina” e della gestione da parte di Rosaria Pagano della “quota” Amato.
“La situazione è migliorata quando abbiamo chiuso l’accordo con la Vinella che comprava la nostra cocaina. In questa fase Mario il fioraio ci ha aiutati e su un carico di 300 kg. lui ce ne smistava 200 e ci dava il guadagno – si legge nei verbali firmati dal pentito nel 2014 – Il lavoro é migliorato dopo l ‘omicidio Scognamiglio ed é andato bene sino alla morte del Cinese, perché fino a quando c’erano omicidi le forze dell’ordine martellavano le piazze. Devo dire che in realtà noi non ci fidavamo della Vinella e credo, anzi sono certo che anche la Vinella non si fidava di noi. L’accordo tra noi e loro era che ci saremmo divisi il Lotto P, piazza ricca e storica del clan Amato-Pagano, anche se quasi ferma durante la faida per la presenza massiccia delle forze dell’ordine, ma in futuro poteva ritornare quella di un tempo, e, quindi, sarebbe stato inevitabile uno scontro tra noi e la Vinella”.