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sabato, Luglio 5, 2025
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Detenuto si suicida a Rebibbia, sarebbe uscito tra sei mesi: aveva 30 anni

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A luglio avrebbe finito di scontare la sua pena, ma gli agenti di polizia penitenziaria lo hanno trovato impiccato con un lenzuolo in cella nel carcere di Rebibbia. Era “un ragazzo di trenta anni – sottolinea la Garante dei detenuti di Roma Gabriella Stramaccioni – con una pena breve”. Una condanna a meno di due anni per concorso in rapina. E sotto i tre è possibile chiedere una pena alternativa al carcere.

Il giovane, di origine bengalese, è l’ottantaduesima vittima di suicidio dall’inizio dell’anno. Prima di lui a Napoli si era tolto la vita un uomo della stessa età che da poco era diventato padre di due gemelli. Nella drammatica sequenza di quest’anno si trovano anche un ottantatreenne, il più anziano a essersi tolto la vita, nove ragazzi tra i 18 e i 25 anni, e 5 donne, un numero altissimo, rapportato alla popolazione detenuta femminile (circa duemila). Altri 5 suicidi si contano tra gli agenti di polizia penitenziaria, come segnalano i sindacati. Mai si sono registrati numeri così alti: nemmeno nel 2012, quando c’erano 11mila detenuti in più, le carceri scoppiavamo e l’Italia è stata condanna dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per trattamento inumano e degradante.

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Il numero così alto è la “spia di un sistema penitenziario che richiede profondi cambiamenti”, denuncia il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, che chiede che la questione carceraria sia affrontata in Parlamento “al fine di umanizzare e modernizzare le condizioni di detenzione: è una necessità che riguarda anche lo staff degli istituti di pena. Maggiore è la gratificazione sociale del personale migliore sarà anche il clima dentro le carceri”. Nei giorni scorsi papa Francesco ha evocato un provvedimento di clemenza in vista del Natale. “Non ci sono state risposte da parte della classe politica e dirigente”, sottolinea Gonnella. “La soluzione – dice il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, della Lega – non può essere un’amnistia, serve un cambio di prospettiva”. “Le pene – afferma – devono essere sempre eseguite, ma non possono consistere in trattamenti contrari alla dignità e al senso di umanità”.

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