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venerdì, Aprile 26, 2024
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Faida di Scampia. Senza quelle armi gli Scissionisti non avrebbero potuto fare la guerra ai Di Lauro

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«“Lello ’o parente” aveva ad Amsterdam una società di import export di fiori. Grazie a questa società aveva anche dei camion ed era con questi che Raffaele Amato faceva scendere fino a trecento chili di cocaina».

Parole che pesano come macigni, quelle pronunciate da Biagio Esposito, il pentito che, con un raffica di dichiarazioni, ha inchiodato Raffaele Imperiale e il suo socio Mario Cirrone. Quelle dichiarazioni rese nell’inverno del 2010 portarono, cinque anni dopo, all’emissione della prima ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei due broker.
Esposito, ascoltato dagli inquirenti, aveva tracciato in maniera minuziosa i ruoli all’interno dell’organizzazione: «Cerrone l’ho conosciuto in Spagna nel 2003, qui ho capito che stava in affari con Imperiale, ma che il capo era “’o parente”, nel senso che l’ultima parola era la sua. Non ho conosciuto altre persone che, insieme a loro, trafficavano droga e armi a livello internazionale, ma è chiaro che per svolgere traffici a questo livello occorre avere più uomini ai propri ordini».

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Il collaboratore di giustizia indica quindi i due personaggi collocandoli nella genesi della prima faida di Secondigliano. Esposito riporta infatti l’incontro avvenuto in un ristorante nel 2003: «Si parlò di voler attaccare i Di Lauro ed entrambi, ossia Cesare Pagano e Raffaele Amato, chiesero di essere riforniti di armi per la guerra proprio a Raffaele Imperiale».
È l’inizio di un’interminabile scia di sangue: «Sia Amato che Pagano fecero un ordinativo di armi specificando che dovevano essere kalashnikov, 9 per 21 e 8, ossia pistole a tamburo, e le relative munizioni. “’O parente” si disse assolutamente in grado di fornirgli tutto il necessario». A questo punto Biagio Esposito entrava nel merito dell’altro business, quello della droga: «In Olanda il referente è “Lelluccio”. Traffica innanzitutto cocaina, prendendola dai colombiani. È un trafficante internazionale del livello di Raffaele Amato, coadiuvato da un certo “Marittiello”. La città dove operano stabilmente è Amsterdam».

Il concetto viene poi ribadito a maggio 2014: «“Lello ’o parente” ricordo che parlò sia con Amato che con Pagano di investimenti da fare a Dubai, questo avvenne mentre ci trovavamo in uno dei nostri covi a Mugnano. Egli era in estrema confidenza con i due, in quanto, a livello di narcotraffico, Imperiale è pari grado ad Amato e a Pagano. Anzi, forse anche di livello maggiore». Tonnellate di polvere bianca attraversavano così il Vecchio continente. E lo facevano senza sosta, anche quando le cose si mettevano male: «Prima della cattura di mio cognato – ricorda Esposito – il clan era rimasto senza cocaina e attraverso Imperiale e Mario abbiamo caricato droga dalla Spagna. In questo caso parlo di “carico indiretto”, nel senso che noi rispondevamo solo del trasporto a Napoli. Questo vuol dire che il prezzo della cocaina era più alto e la quantità minore».
Gli affari, si sa, non possono attendere.

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