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Giugliano, la storia della meretrice Rosina e l’eccidio dei martiri in piazza Annunziata

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Perché il ricordo condiviso di un fatto o una persona, si fissi e poi si secolarizzi nella memoria collettiva, occorre che  notizie ed emozioni, passino attraverso il racconto e il “setaccio” della Storia.

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Talvolta “storie” , non vengono raccontate e i nomi ignorati per contingenze più varie.

Le “censure” , riguardano talvolta persone o fatti ..

Lo sforzo di ricostruire la storia che tante volte, in coincidenza dell’anniversario dell’eccidio di piazza Annunziata a Giugliano, avvenuto il 30 settembre del 1943, si è provato a fare, nel nostro piccolo, è riuscito, non certo a contraddire, semmai a evidenziare dei punti che per il dolore o per altri motivi, stavano per rimanere sepolti sotto la coltre del tempo e dei racconti dimenticati perché il “racconto orale” ha terminato il breve lasso di tempo in cui si fissa e viene trasmesso.

Questa è una storia invece che potrebbe essere stata raccontata dai vecchi “cantastorie” che giravano di piazza in piazza e, a suon di musica, scorrendo l’organino e le tavole, raccontavano di persone e di fatti che la “cronaca ufficiale” lasciava correre .

L’interesse per questi racconti ,  personaggi e situazioni era dovuto al fatto che  vedevano come protagonisti persone di quel popolo che non ebbe mai medaglie se non i simulacri di cemento che imprimono i nomi dei “caduti” o meglio “massacrati” della “grande guerra” e che in ogni sparuto paesello, è l’unico testimone di una generazione trucidata dalla follia e della viltà dei generali .

Il Tam Tam, a volte si sofferma davanti al giudizio di opportunità dovuto all’esigenza di conservare l’immagine di taluno o di non potere redimere la condanna sociale già emessa dal tribunale della “GENTE” (cit. Tina Pica in “pane, amore e fantasia”).

Nel caso di cui ci si occupa, quando  stava per chiudere nel sarcofago della storia non raccontata un geto di umanità e coraggio, appare una figura , a giusta ragione, tanto amata e rispettata.

Rosina( e basta il nome), di mestiere faceva “il mestiere più antico” e non spese invano la sua vita, essendo ricordata come una persona estremamente cortese (carnale) e disponibile, in particolare con persone bisognevoli, dolcissima con i bambini, a cui elargiva caramelle in cambio di un solo sorriso..

Morì pochi anni fa, amata e rispettata.

Il suo cuore era stato grande in tante occasioni, in particolare  in quel maledetto 30 settembre del 1943, in occasione della fucilazione dei tredici a piazza Annunziata, quando fu la prima ad accorrere ai piedi di quello strazio della follia e della violenza che la guerra aveva scatenato.

Si è raccontato e si è cercato di ricostruire le fasi di quella tragedia che ancora è un nervo scoperto nella memoria cittadina, anche perché nessuno pagò per quei 13  morti, fra cui vecchi, fanciulli ed invalidi,  che, sommati al soldato altoatesino, ucciso il giorno prima e poi trovato mutilato, furono 14.

Quegli sventurati stavano dalla mattina alle 10 sul sagrato della Chiesa, mentre gli altoparlanti invitarono gli autori dell’uccisione del soldato a  presentarsi e gli sventurati imploravano, inutilmente, che gli veisse aperta la porta della Chiesa.

Quelli che il giorno prima avevano effettuato una  “azione”, che poteva essere di guerra o di resistenza , semmai fossero rimasti a combattere e a contrastare la rappresaglia, come avvenne a Napoli e come  invece fecero i cittadini di Napoli dando luogo alle epiche gesta delle 4 giornate.

Quelli di Giugliano, invece, forse aspettando un azione risolutoria che avrebbe “liberato”.…Non si fecero vedere da nessuno né il giorno dopo né per gli anni a venire…

Forse le ragioni furono diverse dalla codardia….non se ne parla mai abbastanza e tante volte lo abbiamo fatto, cercando di ricostruire i fatti..

In quel tragico pomeriggio di inizio autunno del 30 settembre 1943 gli ultimatum erano ormai scaduti.

Silenzi e singhiozzi degli sventurati..increduli di dovere pagare per una colpa di altri..

Silenzi e singhiozzi dalla piccola folla assiepata dopo il cordone di soldati che chiudeva la piazza sul “vico miciano”..

Poi, inesorabile , la mitraglia e poi una seconda e poi i colpi di “grazia”..e le urla stridule e disperate….Rosina che corre dall’altro lato della mitraglia.

Solitudine e preghiere di un prete a cui fu impedito dalla paura paralizzante  di aprire la chiesa e che ogni giorno che vivrà piangerà imputandosi di non essersi offerto come capro espiatorio.

Silenzio e singhiozzi misti a solitudine di Rosina..con cui..nessuno si sarebbe fatta vedere!

Certo è che tutti quanti “dopo” diveniamo eroi..L’Eroe fu invece, in quei giorni ilo concittadino,  Aviere Mario Pirozzi, di guardia all’aeroporto di Forlì che all’ordine di consegnare le munizioni ai tedeschi, ingaggiò, da solo, una sparatoria in cui venne ucciso… Alle commemorazioni non viene mai invitato nessun rappresentante della cittadina che gli diede i Natali, eppur una stele con la foto e corone di fiori, ogni anno, a Forlì non mancano.

L’eroe è quindi chi compie il suo dovere! Come lo compì Pirozzi, Salvo D’Acquisto, I preti che furono massacrati a Mugnano per essere intervenuti a difesa dei loro concittadini, le decine e centinaia di militi nei tanti fronti in cui la follia fascista e savoia aveva mandato a combattere un esercito di straccioni male equipaggiati e , nonostante tutto, dignitosi fino alla fine, come testimoniano i resoconti dei campi di prigionia russi.

Ci furono eroi e non solo pavidi a Giugliano e fra i coraggiosi, Padre Pietro Cannone, Superiore dei Fratelli Maristi che fu, giustamente insignito di medaglia d’oro al valore poiché insieme a Don Luigi “o cappellaro” e la stessa Rosina, sfidarono i tedeschi e andarono a portare i poveri resti, con un carretto a mano, fuori il Cimitero permettendo una pietosa e cristiana sepoltura.

I fatti che adesso è possibile ricostruire, vedono Lei, Rosina “Cacciuttona”,  dimenticata dalle cronache e dai racconti,  come protagonista, incredibilmente un fantasma,  che compare, dopo 75 anni.

I tedeschi, che avevano ormai adempiuto al desolante compito di rastrellare i civili, prelevandoli tremanti dalle braccia di mogli e figli e di trascinarli sulle grate della chiesa,  non ebbero, verosimilmente,  la forza di respingerla.

Conoscevano, verosimilmente,  anche loro Rosina, la quale, per combattere i morsi della fame, rifiutava quelli dello “scuorno” e  faceva il “mestiere” allora regolare, nella cultura sociale e giuridica del tempo.

Il “mestiere” , era questo il termine con cui si diceva e non si diceva, quando si voleva nascondere in  pubblico quello che in privato tutti conoscevano.

Nessuno poi , in pubblico, voleva riconoscere o farsi riconoscere da quella donna bella e risoluta,  chiamata con un nome che suonava come vezzeggiativo e ricordava i guaiti rubati, ma che al tempo, ammoniva dai morsi che sapeva dare per difendere la vita propria e….degli altri.

Ed era “così..così..così” (ndr “Filumena Marturano) …che doveva andare, “se vi pare” (…) e se no..pazienza!

Nelle testimonianze di alcuni, l’operazione di rastrellamento fu effettuata non senza difficoltà poiché i soldati, evidentemente impreparati,  trovarono a proteggere i loro familiari le donne e i bambini che si avvinghiarono a loro e i soldati stessi non trovarono la forza per staccarli (si noti che non si registrarono uccisioni di  donne durante le operazioni..).

Successe anche che  alcuni  tedeschi dell’esercito regolare, si resero artefici di atti di coraggio, poiché  nella confusione della rappresaglia, riuscirono a “tirare fuori” alcuni ostaggi, fingendo di averli uccisi e dicendo loro di non muoversi dai fossati dove li avevano spinti.

Durante il tragitto, preso da pietà, un tedesco che non veniva visto dai suoi commilitoni, avendo prelevato, tremante e solo, un  anziano claudicante , spinse il malcapitato nella sagrestia della Chiesa da cui si accede su via Licante e questi si riparò nella Chiesa salvandosi.

Anche questi nomi che meriterebbero di essere citati, rimarranno per sempre sconosciuti poiché in essi e in questi atti, è celato l spirito di un popolo universale che sceglie di disobbedire agli ordini folli dei generali senza onore.

Ma..l’anima  del gruppo e quindi anche dei soldati, è diverso d quella dei singoli lasciati soli davanti alla sola coscienza.

Mancarono ignobilmente, come si diceva, azioni di contrasto “collettivo” che avrebbero poi potuto far scrivere questa desolante storia in quelle annoverabili nelle azioni di resistenza, come successe invece a Napoli, dove dalla medesima sequela, scaturì l’uccisione di un capitano tedesco e poi le ”Quattro Giornate”.

Le cronache scritte del tempo e anche quelle attuali,  non riportarono la figura di Rosina, come non riportarono i fatti  accaduti che solo adesso, al riparo del tempo passato, si sente il dovere di riferire perché la memoria orale che rischia di scomparire nel tempo, si fissi con la penna della storia.

Mi sono sorpreso a riscontrare invece quanto questa storia sia però ancora viva nelle memorie di quel patrimonio orale che ancora conserva tesori come questi.

E solo così si può spiegare quel fatto che da tanti è testimoniato o a cui è stato raccontato e raccontano, e cioè che solo gli “ultimi” vanno a scannarsi e a creare macerie di morte con le canne dei cannoni e delle bombe.

I soldati tedeschi conoscevano quella donna, come la conobbero poi i soldati “liberatori” a cui lei offriva i servizi, spesso riuscendo a salvare il pudore delle giovani rimaste senza protezione di uomini (la figura che adesso mi appare è della “ciociara”, interpreta dalla bellissima Loren e che tributò l’Oscar a lei e a De Sica).

Certo era bella Rosina e impersonava quell’ideale di donna giunonica che era difficile trovare fra le morigerate donne, spesso dedite al lavoro estenuante della fattrice/massaia/contadina e dei figli da crescere .

Era stata quella sua superba bellezza la sua condanna, come lo era stata per le tante bellissime straccione che non trovarono una “casta” o un “appartenenza” a difenderle , mortificandole al ruolo di carne da comprare.

Viene naturalmente alla mente di chi la conosce la  figura raccontata nella superba opera di Verga” (La Lupa) nell’appellativo canino con cui si riconosceva essa stessa fra grandi risate che esorcizzavano e prendevano in giro i finti “distinguo” delle cd. “donne timorate” che le negavano il saluto o che richiamavano i bambini che accettavano una caramella, in cambio di un sorriso.

Data la disgraziata vita che faceva, Rosina però sapeva anche mordere e difendersi o, altrimenti, dare amore e umanità.

Alcuni che sono intervenuti in quella che è stata una scoperta inaspettata, nata dalla curiosità di un detto popolare giuglianese, sul gruppo “raccogliamo le parole che stanno per comparire”,  : ”Cacciuttona porta annummenata!” che la nostra Rosina ribadiva a voler canzonare i finti buonisti e  nel proverbio ancora significa che , al di la delle nomeee e dei luoghi comuni, in silenzio si possono commettere azioni più riprovevoli”.

Gli intervenuti hanno raccontato che era molto dolce e tenera con i ragazzini e pronta ad elargire caramelle e sorrisi, in cambio di sorrisi e basta.

Anche lei quindi doveva pagare per un momento di tenerezza e di umanità , per un sorriso di un bimbo, per il quale, non si farebbe mai abbastanza o troppo.

In quel momento del 30 settembre 1943, Rosina fu la Maddalena ai piedi della Croce , la sofferenza che nulla teme e che , magari, vede la morte che affronta, come una liberazione dalle tribolazioni e dai morsi amari.

Non so se da quella storia che esce fuori si può trarre un monito, fatto sta che la storia e le storie, raccontano che sono sempre gli ultimi che perdono, ma agli “ultimi” non è dedicato quasi mai un ricordo.

Non ci furono quindi ”liberatori” anche perché da un occupazione si passò ad una altra.

Dopo pochi giorni(il 3 ottobre, di domenica a mezzo giorno) i “liberatori” vollero “liberare” le bombe che avevano “stipate”  negli angar, stavolta sulle case di inermi cittadini e massacrarono più di 40 persone, fra donne, vecchi e bambini.

La guerra poi la vincono quelli che raccontano la loro storia e nascondono i nomi di chi non poteva (o magari, non voleva)nemmeno essere nominato.

Ancora una volta la conferma dei motivi dell’oblio a cui i racconti ufficiali hanno costretto quella povera donna..Nessun riconoscimento o menzione..nemmeno nelle motivazioni con cui Padre Pietro Cannone, ebbe il meritato riconoscimento della MEDAGLIA D’ORO AL VALOR CIVILE!

Quest’anno scelgo di non parlare delle ipotesi controverse, ma di proporre questo nome di donna e questa vita vissuta che ci dà il monito antico di umanità nella sofferenza e che, qualora ci fosse ancora da dimostrarlo, racconta che certe donne, sono molto più uomini. Quando c’è da dimenticare la paura.

Certo molto più di quelli che scapparono per poi ritornare con la protezione delle bombe americane a tingersi di  tracotanza e e bugie da raccontare per fare scordare la propria codardia. Rosina no..non volle fare parlare di se.. continuò ad essere “quella di prima”….

                                                                  Enzo Faiello

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