Una maxi operazione di polizia e finanza, all’alba di oggi, lunedì 30 settembre, scuote di nuovo il mondo ultras italiano. Gli agenti del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, della Squadra Mobile e della Guardia di Finanza di Milano – coordinati dalla DDA della Procura della Repubblica di Milano – hanno arrestato 19 persone, ultras della curva Nord e della curva Sud del Meazza. Gli arrestati – sedici in carcere e tre ai domiciliari – sono quasi tutti riconducibili alle tifoserie ultras di Inter e Milan e i reati connessi al giro d’affari legato al contesto calcistico.
Il gip: dall’Inter sudditanza verso i capi della curva
Le indagini “hanno evidenziato che la Società interista si trova in una situazione di sudditanza nei confronti degli esponenti della Curva Nord, finendo, di fatto, per agevolarli seppur obtorto collo”. Indagini su questo fronte che si sono concentrate soprattutto negli anni “2019 e 2020, ma la situazione, ad oggi, non è per nulla mutata (se non peggiorata)”. Lo si legge nell’ordinanza del gip di Milano Domenico Santoro, che oggi ha portato a 19 misure cautelari, sgominando gli affari illeciti delle curve interista e milanista.
Tra l’altro, nell’ordinanza si parla dell’attività “di bagarinaggio” sui biglietti con cui i capi della curva nord interista “hanno calcolato di trarre ingenti profitti illeciti”. Per l’ultima finale di Champions dell’Inter di due anni fa, come emerge dagli atti, i capi curva Marco Ferdico, Andrea Beretta e Antonio Bellocco (ucciso da Beretta il 4 settembre, qui l’articolo), puntavano su “1500 biglietti da porre in vendita per la sola curva”. Tuttavia, “la società nerazzurra aveva messo a disposizione”, si legge ancora, “un quantitativo più esiguo di titoli d’ingresso, corrispondente a 800 biglietti”. Pertanto, Ferdico, “consapevole che gli introiti che avrebbe potuto acquisire dall’evento sportivo sarebbero stati ingenti, non aveva esitato ad esternare forti pressioni sullo Slo (Supporter Liaison Officer, ndr) dell’Inter”, Claudio Sala, su giornalisti, “su vecchi calciatori (Materazzi, Zanetti-dirigente Inter), sull’allenatore (Inzaghi) chiedendo la ratio della scelta societaria”.
Dagli atti non risultano responsabili o dirigenti dell’Inter indagati. Poi, Ferdico avrebbe minacciato “la possibilità che il tifo organizzato da lui rappresentato, la Curva Nord, potesse decidere di non presenziare e non tifare la squadra, ventilando l’ulteriore eventualità che questo potesse accadere non solo alla finale di Champions ma anche a quella di Coppa Italia che si sarebbe disputata da lì a pochi giorni”.
I capi interisti favorivano il clan Bellocco
I principali indagati appartenenti alla Curva dell’Inter arrestati nell’operazione di oggi di Polizia e GdF sono accusati di aver dato vita a un’associazione, aggravata dal metodo mafioso, finalizzata a “commettere una pluralità indeterminata di reati di lesioni, percosse, resistenza a pubblico ufficiale, rissa, estorsione, intestazione fittizia”. Estorsioni anche ai danni “dei gestori del catering all’interno dello Stadio di San Siro, dove la corresponsione della somma estorta è avvenuta attraverso l’emissione di fatture false” e ai danni “di gruppi organizzati del tifo interista al fine di obbligarli ad acquistare tagliandi di ingresso allo stadio a prezzi maggiorati”.
Gli indagati, inoltre, stando alle indagini, “contribuivano al pagamento delle spese legali per i componenti della Curva Nord indagati per fatti violenti commessi in occasione delle partite o sottoposti a Daspo”. L’aggravante quindi è di aver commesso i fatti “anche al fine di favorire l’associazione mafiosa dei Bellocco, a cui Bellocco Antonio (ucciso di recente ndr.), arrivato a Milano grazie a Ferdico, che gli procurava alloggio e occupazione lavorativa fittizia, riversava parte dei guadagni derivanti dalle attività illecite, anche ai fini del mantenimento in carcere dei detenuti”.
Infiltrazioni mafiose nelle curve di Inter e Milan, arrestati 19 ultras
Curve opposte ma interessi comuni su biglietti e parcheggi, secondo quanto emerge nella doppia inchiesta del pm Paolo Storari. Tra gli arrestati della Curva Nord, firmati dal gip Domenico Santoro, figurano il capo Andrea Beretta (già in carcere a San Vittore per l’omicidio di Antonio Bellocco), il vicecapo Marco Ferdico e il nuovo reggente della curva Renato Bosetti.
Tra le file rossonere, invece, tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare figurano tra gli altri, Luca Lucci, celebre per la foto con Matteo Salvini, Christian Rosiello, il bodyguard di Fedez (il cantante è estraneo ai fatti) protagonista, di recente mesi, del presunto pestaggio del personal trainer Cristian Iovino in una discoteca e Islam Hagag, conosciuto come ‘Alex Cologno’, anche lui amico del rapper.
In manette anche Luca Lucci, il capo ultrà del Milan amico di Salvini
Tra le persone coinvolte nel maxi blitz della Polizia e della Guardia di Finanza che ha portato a decine di misure cautelari tra i vertici delle tifoserie di Milan e Inter c’è anche Luca Lucci, capo degli ultras rossoneri già arrestato in passato per traffico di sostanze stupefacenti. Noto alle cronache, nel 2018 fu fotografato con Matteo Salvini, ai tempi – come adesso – vicepremier, durante le celebrazioni per i 50 anni della Curva Sud. Nel filone di indagini che ha dato il via a un nuovo ciclo di arresti, Lucci è accusato di essere uno dei nomi principali intorno a cui ruoterebbe un’associazione a delinquere immischiata in estorsioni e violenza da stadio, insieme al fratello Francesco.
Soprannominato “il Toro”, Lucci – 42 anni – vive con la moglie a Scanzorosciate, nella Bergamasca, ed è a capo degli ultras del Milan dal 2009, quando raccoglie il testimone da “Sandokan”, Giancarlo Lombardi, ormai fuori da San Siro per varie vicende giudiziarie. Lo stesso anno Lucci veniva condannato a quattro anni di carcere per aver aggredito il tifoso dell’Inter Virgilio Motta, che perse la vista da un occhio (e che morì suicida nel 2012). Impossibilitato alla presenza fisica per una Daspo, la sua leadership in Curva Sud viene portata avanti dal fratello.
Dallo spaccio di droga alla scalata per diventare capo ultrà del Milan
Nel giugno del 2018 per Lucci scattano ancora le manette. Viene arrestato – e patteggia una pena di un anno e mezzo – nell’ambito di un’inchiesta per spaccio di stupefacenti con la criminalità albanese. Centro del traffico era il Clan 1899, storico bar di ritrovo per i tifosi milanisti a Sesto San Giovanni. Soltanto tre anni dopo Lucci è di nuovo in carcere, sempre per traffico di droga. Servendosi di un telefono con utenza olandese e utilizzando software criptati, “il Toro” – dietro il nickname “Belva Italia” – intratteneva rapporti con narcotrafficanti di Stati come Marocco e Brasile. Patteggia di nuovo, ma questa volta la pena è più alta: sei anni e quattro mesi di carcere, poi trasformati in domiciliari.
Sono diverse le attività in cui Lucci ha messo le mani negli anni. Tra queste anche la società Kobayashi srl, aperta nel 2017 per la gestione di locali e l’organizzazione di eventi, insieme anche a Lombardi (con cui poi i rapporti si sono deteriorati). Poi apre Italian Ink, franchising di barberia e tatuaggi con 10 sedi: Bresso, Brussero, Cologno Monzese, Franciacorta, Garda, Milano, Monza, Novate, Riccione e Rosate.
Maxi blitz nelle curve di Inter e Milan, tra gli arrestati anche il bodyguard di Fedez