Non solo la droga e le estorsioni. Uno dei settori su cui la camorra è impegnata, ultimamente, è la produzione e vendita di mascherine. Sì, proprio quelle, i dispositivi di protezione per difendersi dal Covid. Visto il largo uso che dobbiamo farne la camorra ha pensato bene di buttarcisi a capofitto. La notizia arriva da Giuseppe De Carolis di Prossedi, presidente della Corte d’Appello di Napoli, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario.
È un bilancio pesante quello dello stato della giustizia nell’anno trascorso. Il dilagare della violenza giovanile, i tempi lunghi della giustizia, la questione morale e anche la camorra che sta investendo nel settore delle mascherine sfruttando l’emergenza Covid. Sono questi alcuni dei temi affrontati durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario a Napoli nel Salone dei Busti di Castel Capuano.
La pandemia è diventata un affare per la criminalità organizzata “e si sono aperti nuovi scenari per la camorra che potrà trovare impulso il riciclaggio e il reinvestimento di denaro nel mercato delle imprese turistiche, della ristorazione e dell’abbigliamento, colpite da difficoltà connesse alla carenza di liquidità dovuta alle prolungate chiusure intervenute nel corso del 2020 e del 2021, che possono essere da un lato oggetto di richieste estorsive e dall’altro destinatarie di prestiti usurari da parte della criminalità organizzata”. Ha detto Giuseppe De Carolis, presidente della Corte d’Appello di Napoli nell’inaugurazione dell’Anno giudiziario.
“Inoltre è stato rilevato un notevole interesse da parte della criminalità organizzata per la produzione, distribuzione e commercio di dispositivi di protezione individuale, in particolare di mascherine chirurgiche e non, anche con vendite di grossi quantitativi ad enti locali e ospedalieri. Infatti, è stato riscontrato che l’ambito della commercializzazione di mascherine protettive garantisce sia spunti per il riciclaggio che per nuove forme di guadagno. Ingente resta anche la distribuzione dei Dpi contraffatti, o perchè recanti marchi non autorizzati o perchè non a norma con le indicazioni sanitarie relative ai parametri di filtraggio o perchè privi di marchio C, che nella realtà napoletana ha visto rilevanti sequestri soprattutto ad opera della Guardia di Finanza”.