La carenza di anidride carbonica inizia ad essere un problema realmente sentito. Anche a Biella, nel Piemonte settentrionale, dove si trova lo stabilimento della Menabrea. Tanto che il gruppo ha dovuto sospendere temporaneamente la propria produzione di birra. A onor del vero la crisi della CO2 va di fatto a coinvolgere in primis le preparazioni industriali (come quella della Menabrea o di altri grandi brand locali o internazionali, per intenderci), che impiegano il biossido di carbonio anche per tenere l’ossigeno fuori della bottiglia: in altre parole, se paradossalmente i birrifici più piccoli ne risentono meno, quelli di dimensioni medie-grandi si trovano a pagare un conto particolarmente salato per la mancanza della materia prima.
Lo stabilimento Menabrea sospende la produzione e non è l’unico: anche la Delirium Tremens e la Carlsberg sono a rischio
I primi, decisi campanelli d’allarme squillarono qualche tempo fa in Germania, dove molti produttori avevano messo in guardia il pubblico su possibili aumenti di prezzo o, nel peggiore dei casi, fallimenti a catena nella filiera in questione. Sembrerebbe, addirittura, che il produttore belga della Delirium Tremens stia ponderando di arrestare i macchinari per la prima volta in cento anni. E già un mese fa i danesi di Calrsberg avevano paventato una possibile sospensione delle loro linee produttive in Polonia. L’allarme del settore della birra, tuttavia, non è certo isolato, ma trova preoccupante risonanza nell’intera industria alimentare. L’anidride carbonica, dopotutto, viene anche utilizzata nelle bevande zuccherate, nelle acque minerali e nell’abbattimento del cibo prima di congelarlo. Importante ricordare, infine, che anche diverse coltivazioni – lattuga, pomodori e cetrioli per darvi un esempio – possono necessitare di CO2 nei processi di concimazione.
Perchè manca l’anidride carbonica?
Ma qual è la causa della mancanza di anidride carbonica? Il problema in realtà è determinato da una serie di fattori concomitanti, che spaziano dalla crisi del gas in atto agli ultimi (si spera) strascichi della pandemia: le principali aziende produttrici si sono trovate costrette a ridurre il volume produttivo a causa dei rincari ai prezzi dell’energia, spingendo verso l’alto il costo della materia prima.