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Villaricca: nei pizzini del boss i progetti di Bagnoli. Torna in carcere Domenico D’Ausilio. Nell’auto di un fedelissimo copie di appalti e elenchi di imprese

Pizzini, appalti e tangenti. Un boss di camorra della vecchia guardia torna in galera e, intorno a lui, si spalancano subito retroscena in cupo stile mafioso. Nei pressi di casa sua, la polizia ha scoperto, infatti, un arsenale costituito da quattro pistole, tre fucili, un kalashnikov, una mitraglietta, una bomba a mano di tipo «ananas» e centinaia di munizioni. Ma non è tutto: rovistando tra i documenti ricondotti alla disponibilità dell’uomo di fiducia del boss, e custode delle armi, gli investigatori hanno scoperto anche carte e pizzini che riguardano imprese e appalti per decine di milioni di euro relativi a opere per la riqualificazione di Bagnoli. Il padrino si chiama Domenico D’Ausilio, detto «Mimì ’o sfregiato», soprannome dovuto a un taglio sulla guancia sinistra, o anche semplicemente «lo zio», è il capoclan «storico» di Bagnoli e Cavalleggeri, l’uomo che, secondo gli inquirenti, avrebbe contribuito a scrivere la storia della camorra tra la fine degli anni ’80 e la fine degli anni ’90. Scarcerato nel 2005, dopo sette anni di galera e un altalenante percorso giudiziario, D’Ausilio è stato arrestato di nuovo ieri mattina nel suo appartamento a Villaricca, dove viveva con obbligo di soggiorno. Gli agenti della sezione criminalità organizzata della Squadra mobile, guidati da Fulvio Filocamo, gli hanno notificato un decreto di fermo emesso dai pm della Dda Michele Del Prete e Luigi Cannavale. L’accusa è quella di detenzione e ricettazione delle armi sequestrate in tre occasioni nei pressi della sua abitazione, a partire dal 17 ottobre, e nella disponibilità di Salvatore D’Alterio, 45 anni, pregiudicato, considerato factotum di D’Ausilio, del figlio e della cugina di D’Alterio, Michele, 24 anni, ed Emilia, 46, entrambi incensurati. Due gli elementi, e tutti e due rilevanti, che accusano il boss: le conversazioni intercettate in carcere tra i D’Alterio, che farebbero apertamente risalire a D’Ausilio la titolarità delle armi, e le dichiarazioni di un nuovo pentito di camorra, ex affiliato al clan di Bagnoli, che confermerebbe il ruolo di D’Ausilio a capo della cosca e indicherebbe i luoghi nei quali sono poi stati ritrovati fucili e pistole. Tutto cominciò a metà ottobre dell’anno scorso, quando, nel corso di un controllo di polizia, furono sequestrate cinque pistole, una mitraglietta e una bomba a mano in un terreno vicino alla casa di D’Ausilio. Finì allora in galera Salvatore D’Alterio, che abita al piano rialzato di quell’edificio, ma soltanto una settimana dopo, ancora nel corso di un controllo, furono scoperte in un luogo poco distante dal primo tre fucili e numerose munizioni. Ieri mattina, infine, sono state trovate altre armi durante la perquisizione seguita all’arresto di Mimì D’Ausilio e degli altri due D’Alterio. Straordinari elementi di indagine, però, sarebbero emersi dalla perquisizione eseguita in una Ford Fiesta di proprietà di Salvatore D’Alterio. Carte, molte carte, appunti e cifre. Soprattutto la fotocopia di un atto di aggiudicazione di un appalto che riguarda «Bagnolifutura» S.p.a con tanto di bollo. L’opera è già stata individuata dalla Procura. Si tratterebbe dell’esecuzione di un centro integrato per i servizi al turismo, un appalto del valore di quasi trenta milioni di euro. Non solo. In un altro documento, sempre ritrovato nella stessa auto, sarebbero indicate numerose ditte che operano o saranno chiamate a operare nel quartiere di Bagnoli e le indicazioni, complete di indirizzo. sulle ditte e le persone da contattare. Le indagini sono appena iniziate e mancano, quindi, i necessari riscontri investigativi. Si può già ritenere, però, valutando i documenti e il ruolo criminale di chi ne era in possesso, che la camorra abbia già messo in moto i meccanismi, quanto meno esplorativi, per allungare le mani sul business della riqualificazione di Bagnoli. Nei numerosi pizzini, che il boss, secondo l’accusa, alla maniera di Provenzano, per evitare il rischio delle intercettazioni, affidava a D’Alterio, sarebbero state scoperte, inoltre, anche alcune cifre (tangenti?) e tutte le indicazioni utili a individuare le ditte da sottoporre alle estorsioni.


Lo «sfregiato» con la mania del fitness.

Quando gli agenti della Squadra mobile hanno bussato alla sua residenza di Villaricca, don Mimì D’Ausilio, cortese e disponibile come sempre con le forze dell’ordine, li ha accolti con l’aria mite che dev’essere tipica dei boss di vecchio stampo. E gli ha fatto strada per la perquisizione. Una casa grande, due appartamenti comunicanti al secondo piano di un piccolo condominio con terreno circostante in una traversa al civico 160 della via Consolare Campana. Ambienti grandi ed eleganti, arredati con cura ma senza eccessi, poco più di 150 metri quadrati l’abitazione del padrino e della sua famiglia. Il boss di Bagnoli, che compirà 58 anni tra una settimana e ama, evidentemente, mantenersi in buona forma fisica, ha trasformato il grande soggiorno di uno dei suoi due appartamenti in una fornitissima palestra a dimensione domestica. Attrezzi di ogni genere, nulla da invidiare alle strutture specializzate. La sala da ginnastica di D’Ausilio comprende, infatti, un «tapis roulant», un vogatore, una cyclette, un sacco per l’allenamento dei pugili, uno stepper (attrezzo per il cardio-fitness che simula la salita delle scale) e alcune altre pedane per gli esercizi muscolari. In casa, secondo il verbale redatto dagli uomini della Mobile durante la perquisizione, non sarebbero stati trovati soldi né documenti compromettenti. Le carte che contano, secondo gli investigatori, sarebbero quelle affidate a Salvatore D’Alterio e custodite nella Ford Fiesta poi sottoposta a sequestro. Nell’appartamento del boss, c’erano, però, un paio di solide casseforti. Anche in questo caso, nulla di importante. Soltanto un orologio di valore, un Rolex, che un boss di camorra può indossare, beato lui, senza paura di scippi e rapine.


ELIO SCRIBANI

Il Mattino il 05/02/09