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giovedì, Maggio 2, 2024
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Boss, contabile e corrieri: svelato l’organigramma del sistema Imperiale

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Raffaele Imperiale non è solo un narcotrafficante, bensì un broker in grado di muovere la sua merce in tutto il mondo attraverso una fitta rete di collaboratori. Dunque ha messo in piedi una struttura criminale in grado di far percorrere la cocaina migliaia di chilometri dal Sudamerica all’Europa e talvolta fino in Australia. Sofisticato era, soprattutto, il sistema finanziario dell’organizzazione che riusciva da una parte a pagare la droga con stratagemmi finanziari e in poco tempo riciclarne i profitti. Il gip del Tribunale di Napoli, Linda D’Ancona, ha ricostruito l’organigramma nell’ultima ordinanza di custodia cautelare.

UN NARCO-BROKER

Imperiale era il deus ex machina dell’organizzazione, infatti, ne era il promotore, il costitutore, il direttore e il finanziatore. Riusciva a dare ordini dalla sua latitanza dorata a Dubai grazie a dispositivi in grado crittografarne i messaggi e all’intermediazione del suo braccio destro Bruno Carbone. Il narcotrafficante stabiese trattava con i cartelli dei Paesi Bassi, della Spagna e della Colombia riuscendo a comprare enormi carichi.

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Inoltre Lelluccio, soprannome ricevuto dal mondo criminale, aveva una rete di sottoposti che per suo conto si occupavano della gestione delle importazioni e delle esportazioni in giro per il mondo. In Italia aveva i depositi di cocaina dei quali riusciva a seguirne anche l’aspetto logistico della distribuzione.

Imperiale dirigeva financo la contabilità delle compravendite e la cassa dell’organizzazione così come il riciclaggio dei profitti attraverso i conti bancari e la costituzione di società in Italia e, soprattutto, nell’Est Europa. Fondamentale è il fiuto imprenditoriale che gli permetteva di speculare in diversi settori finanziari come l’investimento in criptovalute, in valuta straniera, e nella compravendita dell’oro. Infatti pagava la cocaina con un servizio di denaro o valori informale illegale, come money transfert simile all’hawala, e grazie ai suoi fiduciari.

IL BRACCIO DESTRO E IL CONTABILE

Carbone era il numero due dell’organizzati, infatti, con Lelluccio concordava gli obiettivi e dirigeva i compiti a lui delegati. Il 45enne di Giugliano si occupava delle gestioni della catena logistica dell’importazione della droga in Italia e dei depositi di stoccaggio in Olanda, senza tralasciare il compito di vigilare sulle casse dell’organizzazione.

Corrado Genovese gestiva la contabilità dell’organizzazione e provvedeva ai trasferimenti dei contanti, sia tramite canali bancari che fiduciari extrabancari, nelle diverse sedi  dell’organizzazione bisognose di liquidità per pagare i carichi. Inoltre il 36enne romano creava società, apriva conti correnti e investiva i soldi sporchi.

LA RETE DI DISTRIBUZIONE DI IMPERIALE

Mario Simeoli era il referente di Imperiale e Carbone per le importazioni di cocaina in Italia. Invece Daniele Ursini era incaricato dai vertici dei traffici dalla Spagna e dai Paesi Bassi condotti mediante una rete di camionisti che trasportavano la droga. Gestiva i luoghi di stoccaggio e le auto in cui venivano nascosti droga e soldi e, soprattutto, aveva contezza della cassa contante con la quale pagava gli stipendi ai membri dell’organizzazione criminale. Sotto di Ursini agivano Luca Alvino, Luca Cammarota, Mario Allegretti, Antonio Cerullo.   

Parallelamente Giovanni Franceschiello, Antonio Puzella, Marco Panetta e Giuseppe Gentile si occupavano dei trasporti su gomma dai depositi dei Paesi Bassi e di nascondere la cocaina tra i carichi di copertura. Dopodiché trasferivano soldi e oro verso la Germania, compito analogo assolto da Luca Girolamo.

Un importante era la figura di Davide Charles Mirone che coordinava le spedizioni internazionali di cocaina: una realizzata in Brasile e l’altra verso l’Australia. Invece Ciro Gallo faceva arrivare la droga dai luoghi di prima importazioni ai depositi, i cosiddetti appoggi. Inoltre consegnava ai camionisti soldi e oro che venivano reinvestiti in Germania e nei Paesi Bassi.

I RAPPORTI CON LA CAMORRA E LA ‘NDRANGHETA

Imperiale vendeva la cocaina anche al clan Amato-Pagano e alla ‘ndrangheta. Erano i due scissionisti melitesi Marco Liguori e Fortunato Murolo a ricevere la cocaina, mentre l’altro uomo chiave era Bartolo Bruzzaniti, elemento di spicco della cosca Morabito-Palamara-Buzzaniti. Lo ‘ndranghetista recuperava gli enormi carichi, provenienti via mare dal Sudamerica, nei porti europei ed italiani via mare dal Sud America.

Bruzzaniti usava una squadra di operai impiegati nel settore della movimentazione dei container per far arrivare la sostanza stupefacente alle piazze di Gioia Tauro e di Milano. C’era anche posto per il gruppo autonomo di Giusepppe Mammoliti che si occupava del giro di Roma, Andria e Pescara.

 

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Alessandro Caracciolo
Alessandro Caracciolo
Redattore del giornale online Internapoli.it. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti dal 2013.
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