A quasi 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, la giovane di 26 anni trovata senza vita nella sua abitazione di Garlasco il 13 agosto 2007, emergono nuovi elementi dalle analisi genetiche effettuate recentemente su alcuni reperti ematici. I risultati, resi noti in queste ore, confermerebbero la presenza esclusiva del DNA di Alberto Stasi, l’ex fidanzato della vittima, già condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per il delitto.
Le analisi, svolte su richiesta della difesa e disposte dalla Corte di Cassazione nell’ambito di una richiesta di revisione del processo, avevano come obiettivo la ricerca di tracce di DNA maschile sconosciuto sui reperti rimasti finora inutilizzati o poco analizzati. Tuttavia, secondo quanto riferisce il quotidiano Il Messaggero, gli esperti non avrebbero rinvenuto alcun profilo genetico maschile diverso da quello di Stasi, indebolendo così l’ipotesi di un possibile coinvolgimento di terze persone.
La difesa di Stasi insiste: «Esami poco risolutivi»
Gli avvocati di Alberto Stasi, detenuto dal 2015, continuano a sostenere l’innocenza del loro assistito. Secondo la difesa, l’assenza di DNA estraneo non proverebbe in modo definitivo la colpevolezza di Stasi, né escluderebbe del tutto l’azione di altri soggetti. «Riteniamo che ci siano ancora margini per approfondire alcuni aspetti rimasti oscuri», ha dichiarato uno dei legali, annunciando l’intenzione di valutare ulteriori istanze.
La famiglia Poggi: «Non cerchiamo vendetta, ma giustizia»
Dall’altra parte, i familiari di Chiara Poggi, da sempre riservati e lontani dai riflettori, hanno espresso attraverso il loro avvocato la volontà di non riaprire ferite inutili. «Per noi è importante che la verità giudiziaria sia stata accertata, e che la memoria di Chiara sia rispettata. Ogni verifica che rafforza quanto già stabilito è un passo in più verso la pace, non la vendetta».