“Se dopo anni in camera mortuaria hai ancora dei mutui da pagare significa che non hai capito come funziona“.
Sono le parole di un infermiere finite agli atti di una maxi-operazione che ha impegnato 300 carabinieri fra Bologna, Ferrara, Modena, Rimini e Gorizia.
Un’inchiesta che parte dai due ospedali principali di Bologna, il Maggiore e il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi. Gli infermieri affidavano la gestione delle esequie a varie agenzie di servizi, proponendo quelle più economiche ed efficienti in cambio di un compenso che variava dai 200 ai 350 euro a “lavoro”. Le agenzie poi fornivano dettagli e indirizzavano i clienti verso gli uffici per le pratiche. Un vero e proprio business legato al settore funerario al cui vertice c’erano i rappresentanti di due consorzi, che si dividevano i compiti e ridistribuivano le somme guadagnate.
Oltre al lucro, secondo gli investigatori, emerge il trattamento di spregio riservato alle salme. In un’intercettazione, un indagato dice infatti: “Ho un filmato dove lui mette una buccia di banana in mano ad un morto…“. Risposta: “Il morto, aspettando la barella… ha avuto fame!“. In un’altra conversazione intercettata un’infermiera si definisce “la regina della camera mortuaria” e in un’altra ancora racconta al compagno dei beni presi a un defunto: “Amò… ho trovato due anelli (…), l’ho messi già in borsa… però non so se è oro…“.
Nell’operazione dei Carabinieri di Bologna nove persone sono finite in carcere, 18 ai domiciliari e per tre è scattata l’interdittiva all’esercizio di attività imprenditoriale. Sono 30 le misure cautelari e 43 le perquisizioni eseguite da 300 militari che hanno sequestrato un patrimonio di 13 milioni di euro. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, corruzione di incaricato di pubblico servizio, riciclaggio e violazioni connesse alla responsabilità amministrativa degli enti.
Avevano in mano le camere mortuarie dei due principali ospedali, il Sant’Orsola-Malpighi e il Maggiore, e sotto di loro agiva una fitta rete di soggetti che teneva caldi i contatti con infermieri e dipendenti ‘funebri’. E addirittura ci si faceva beffa delle salme, senza farsi mancare qualche furto. Sono diversi gli aspetti che emergono dall’operazione “Mondo sepolto“, avviata nel novembre 2017 a Bologna da Procura e Carabinieri dopo l’esposto e le dichiarazioni di due indagati che, per la prima volta su questo fronte, hanno parlato. I fari dunque sono stati puntati, si legge nelle note dei Carabinieri, sul “monopolio” conseguito dai Consorzi Rip Service e Cif, il primo leader al Maggiore e il secondo al Policlinico, nell’acquisizione dei servizi funerari bolognesi.
Le attività informative e di intercettazione telefonica, ambientale e video, in particolare, hanno consentito di ricostruire il modus operandi dei cartelli riconducibili, segnalano gli inquirenti, agli imprenditori bolognesi Giancarlo Armaroli (classe 1952) e Massimo Benetti (1956), tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere: sono risultati a capo di due associazioni distinte, che non si disturbavano tra loro.
Associazioni autonome “in termini di capacità delinquenziali e struttura”, segnano gli inquirenti dopo le misure richieste e ottenute dal gip. La base della corruzione, in sostanza, era rappresentata proprio dagli infermieri del servizio pubblico, ai quali spettava l‘incarico di agganciare i familiari dei defuntimettendoli in contatto con i rispettivi referenti delle varie agenzie di servizi. Il tutto dietro “sistematica corresponsione di contanti”, attorno a cifre variabili tra i 200 ed i 350 euro per ogni lavoro fatto acquisire.
Gli infermieri erano “a libro paga” dell’organizzazione
Secondo Procura e Carabinieri, Armaroli era l’indiscusso dominus nell’ambito della Rip: era aiutato da “infermieri a libro paga del sodalizio“.
La buccia di banana sul cadavere
I Carabinieri ritengono “emblematiche”, tra le altre, queste affermazioni di un indagato: “… ho un filmato dove lui mette una buccia di banana in mano ad un morto...”. Risposta: “… il morto, aspettando la barella… ha avuto fame”.
“Ho trovato due anelli.. li ho messi in borsa”
E un’altra infermiera, registrata mentre raccontava al compagno dei beni sottratti al defunto: “… Amò… ho trovato due anelli… l’ho messi già in borsa però non so se è oro“. Non solo. Gli stessi indagati non perdevano occasione per manifestare consapevolezza dell’illiceità dei propri comportamenti.
C’era chi si vantava: “Io sono un killer”
Ecco un altro intercettato, che si vantava delle proprie capacità ‘persuasive nel raggirare i parenti dei defunti e aggiudicarsi i servizi: “Io sono un killer… se dopo anni in camera mortuaria hai ancora dei mutui da pagare significa che non hai capito come funziona”.
E un’altra indagata: “Sono la regina della camera mortuaria… non ho paura di un cazzo“. E ancora un altro: “… gli ospedali li devi ungere…”. Bologna e i suoi ospedali, dunque, rappresentano il cuore di tutta l’inchiesta, che ha toccato altre città (Gorizia per quanto riguarda un server gestionale, Ferrara e Modena) solo in modo marginale, precisano i Carabinieri.